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Che cos’è una ICO?

L’acronimo I.C.O. sta per Initial Coin Offering che, tradotto in maniera letterale, vuol dire “offerta di moneta iniziale”.

Non si può fare a meno di notare come l’acronimo rimandi subito al concetto di Initial Public Offering (IPO), vale a dire un’offerta pubblica di strumenti finanziari (come azioni e obbligazioni) da parte di un soggetto emittente.

Una ICO rappresenta, fondamentalmente, uno strumento per raccogliere capitali: un soggetto, che intende finanziarsi emette un token, stabilendone il valore iniziale. Tale token viene poi scambiato a fronte di un corrispettivo, di solito in bitcoin o ether.

Le ICO vengono utilizzate, solitamente, da aziende, spesso start-up, persone fisiche o network di sviluppatori che intendono presentare novità, quasi sempre legate al mondo blockchain.

Prima di lanciare una ICO, il soggetto promotore crea un sito web con cui presenta e pubblicizza la propria idea, pubblicando anche uno studio relativo alle sue possibilità di attuazione.

In una seconda fase, poi, rilascia il white paper, che contiene tutte le informazioni sugli sviluppi del progetto, sulle scadenze dello stesso e sul team che è impegnato nella sua realizzazione.

Gli investitori che credono nella validità del progetto acquistano i token di riferimento, i quali possono essere conservati in attesa che aumentino di valore, scambiati o “spesi” per beneficiare dei servizi che la piattaforma stessa offre.

Se l’idea alla base del progetto risulta vincente, e i servizi offerti diventano sempre più richiesti, il valore del token collegato aumenterà, garantendo ai possessori un ritorno dal proprio investimento.

PERCHÉ SERVIRSI DI UNA ICO?

Dal 2014 si è assistito ad una graduale crescita dell’uso di ICO come strumento di finanziamento, con un’impennata degli investimenti negli anni 2017 e 2018. Un’analisi dell’AMF (Autorité des marchés financiers), infatti, mostra come tra il 2017 e i primi 9 mesi del 2018, a livello globale, gli investimenti legati alle ICO siano passati da 5,6 a 13,4 miliardi di euro.

Inoltre, se fino a qualche tempo fa le ICO venivano lanciate principalmente per finanziare progetti legati al mondo delle DLT (Distributed Ledger Technology), adesso stanno facendo breccia anche in altri settori.

I motivi di un ricorso massiccio a tale strumento sembrerebbero essere sostanzialmente due.

Un’impresa giovane e poco consolidata, nella gran parte dei casi, avrebbe difficoltà a reperire finanziamenti attraverso i canali tradizionali, sulla base della presentazione di un semplice white paper. Con l’utilizzo di una ICO, invece, si potrebbe ricevere un finanziamento per un progetto che, una volta lanciato sul mercato, potrebbe anche rivelarsi un flop totale.

Dall’altro lato, va considerato che attualmente in molti Paesi manca una regolamentazione normativa del fenomeno o, se presente, è ancora in una fase embrionale. La mancanza di regole stringenti permette ad una gamma abbastanza ampia di soggetti di potersi finanziare senza dover prestare alcuna garanzia in termini di affidabilità e solidità.

LANCIO DI UNA NUOVA ICO: IDEA INNOVATIVA O SCAM?

Come detto, in mancanza di una disciplina che faccia da filtro, qualsiasi soggetto in possesso di adeguate conoscenze tecniche può mettere in piedi una ICO e provare a raccogliere capitale. Quindi spetta solo alla rete valutare se una determinata iniziativa possa rappresentare un’idea visionaria o un mero bluff.

Sono stati diversi nel corso degli anni i casi di ICO del tutto fallimentari, che hanno lasciato i sostenitori-investitori con il cerino in mano.

In alcune occasioni, poi, si è trattato di truffe vere e proprie: in questi casi, infatti, i promotori, facendo leva sulla fiducia degli investitori, e consapevoli del fatto che difficilmente sarebbero stati rintracciati, hanno dato vita a progetti fasulli col solo intento di raccogliere fondi e per poi dileguarsi.

Secondo quanto riportato in un portale che tiene traccia di tutte le truffe presenti sulla blockchain di Ethereum, nel momento in cui si scrive, le scam attive sarebbero 429, mentre quelle non più attive sarebbero addirittura 6483.

Per cercare di porre un freno alle truffe e permettere che questo strumento possa essere utilizzato nel modo corretto, alcune Autorità hanno pensato di subordinare il lancio di una ICO al possesso di alcuni requisiti da parte del promotore. L’Autorità francese, ad esempio, ha previsto una serie di condizioni al riguardo: in primo luogo, la possibilità di lanciare delle ICO sarà data ai soli soggetti che abbiano natura societaria (personne morale) e, quindi, non potranno essere utilizzate direttamente da persone fisiche; in secondo luogo,  grazie all’introduzione del sistema  chiamato “ICO Visa”, le aziende, esclusivamente francesi, che vorranno lanciare una propria ICO saranno tenute ad inviare la documentazione del progetto (tra cui il white paper) a un’autorità pubblica che valuterà la proposta e sarà tenuta ad autorizzarne o meno il lancio.

Anche in Italia si sta cercando di prendere provvedimenti: la Consob, l’Autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari, infatti, ha pubblicato a marzo 2019 un documento chiamato “Le offerte iniziale e gli scambi di cripto-attività” con l’obiettivo di avviare un dibattito a livello nazionale sul tema delle ICO.

A tale documento ha fatto seguito un rapporto finale, pubblicato nella prima settimana del gennaio 2020, che fornisce un riscontro sulle questioni emerse durante il periodo di consultazione. In particolare, per quanto attiene ai requisiti minimi che i promotori di una ICO dovrebbero possedere (requisiti patrimoniali, regole organizzative di tipo societario, obblighi informativi, ecc.), è stato sollevato il dubbio che la previsione di requisiti troppo stringenti potrebbe compromettere lo sviluppo delle iniziative in tale ambito, snaturando le caratteristiche essenziali del sistema.

Si ritiene quindi che, per evitare di introdurre oneri eccessivi in capo ai promotori, ma garantire allo stesso modo la tutela degli investitori, si debba creare un meccanismo che favorisca la trasparenza delle operazioni. A tale proposito, potrebbe essere opportuno imporre ai soggetti promotori la pubblicazione di un documento iniziale con una serie di informazioni minime (sul modello dei white paper), da aggiornare annualmente e in occasione di eventi eccezionali che riguardano l’iniziativa stessa.

CONCLUSIONI

Anche se questa nuova forma di investimento presenta diverse criticità, può, a ben vedere, essere considerata come una valida alternativa alle tradizionali modalità di raccolta fondi.

In attesa di una completa regolamentazione del fenomeno da parte dei legislatori, si consiglia di adottare delle semplici cautele per evitare di incappare in vere e proprie truffe.

Per questo, nel momento in cui si viene a conoscenza di una nuova ICO e si desidera investire una parte del proprio capitale nella stessa sarebbe necessario procedere per step.

Innanzitutto, occorre domandarsi se l’idea che sta alla base del progetto è valida e se i servizi offerti presentano una reale utilità. A tale proposito, è necessario analizzare attentamente il white paper.

In secondo luogo, è opportuno analizzare la composizione della squadra che promuove la ICO: sono presenti personalità note del mondo IT? I soggetti che fanno parte del network sembrano persone competenti? Quali sono state le loro precedenti esperienze lavorative? Hanno sviluppato progetti simili o affini e, se sì, quali risultati hanno ottenuto?

Può essere utile anche approfondire ed informarsi, districandosi tra i vari forum dedicati e leggendo recensioni, commenti, impressioni circa la validità del lavoro in questione.

Un ultimo consiglio, anche a costo di risultare banali, è quello di tenersi costantemente aggiornati tramite articoli, riviste di settore e gruppi social, in modo da riuscire a capire quando ci si trova davanti ad un buon affare e quando è il caso di foldare la mano.

Redazione Diritto dell’informatica

 

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