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Quando acquistiamo un pc o un notebook, dopo la prima fase di configurazione ci viene richiesta l’accettazione Contratto di Licenza Utente Finale (CLUF) del sistema operativo preinstallato al fine di poterlo utilizzare.

Tuttavia vi sono alcune categorie di utenti che per molteplici ragioni non vogliono utilizzare il software informatico preinstallato. La domanda che sorge spontaneo porsi è se la vendita di un computer con software preinstallati sia lecita o se invece sia da ritenersi una pratica commerciale scorretta.

Questo ed altri interrogativi sono stati oggetto di una importante pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha fatto chiarezza su tale controversa questione.

Le pratiche commerciali sleali

Prima di esaminare la pronuncia giurisprudenziale è opportuno capire bene cosa si debba intendere per pratiche commerciali sleali e quale sia il contesto normativo nel quale si inseriscono.

Tali pratiche sono definite dagli artt. 5 e 7 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa per l’appunto alle pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno.

L’art. 5 al fine di considerare sleale una pratica commerciale, richiede il verificarsi di due condizioni, ovvero da un lato la contrarietà alle norme di diligenza professionale, e dall’altro il fatto di falsare o di essere idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio in relazione al prodotto.

L’art. 7 invece definisce sleale la pratica commerciale che omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio necessiti per prendere una decisione consapevole e che induca o sia in grado di indurre il consumatore medio ad adottare una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso. 

Come si evince le succitate norme mirano a vietare tutte quelle pratiche commerciali volte a falsare il comportamento economico dei consumatori, considerati parti deboli del rapporto.

La sentenza della Corte di Giustizia UE del 07 settembre

Le due sopra indicate disposizioni, come anticipato, sono state oggetto di interpretazione da parte della Corte di Giustizia UE, nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata nel corso di una controversia tra un consumatore francese e la Sony Europe Limited.

Il caso trae origine dall’acquisto di un computer Sony dotato di programmi informatici preinstallati, effettuato da parte di un consumatore francese.

Quest’ultimo, durante il primo utilizzo del dispositivo si rifiutava di sottoscrivere il Contratto di Licenza Utente Finale del sistema operativo, chiedendo alla Sony il rimborso di parte del prezzo di acquisto nella misura corrispondente al costo del software preinstallato e non utilizzato.

Il rimborso veniva negato e la questione veniva trasferita nelle aule giudiziarie del tribunale di primo grado di Asnières, dove il consumatore francese chiedeva ai giudici di condannare Sony al pagamento di una somma a titolo di rimborso forfettario per i programmi informatici preinstallati e di una somma a titolo di risarcimento per il danno derivante dalle pratiche commerciali sleali.

I giudici di Asnières respingevano tutte le richieste formulate dall’attore, così quest’ultimo decideva di proporre appello avverso la sentenza dinnanzi alla corte d’appello di Versailles.

Tuttavia anche quest’ultima confermava la sentenza impugnata, non ravvisando nella vendita oggetto della controversia alcuna pratica commerciale sleale.

La questione arrivava infine dinnanzi alla Corte di cassazione francese, la quale decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte di Giustizia UE la controversia.

I giudici comunitari confermando i giudizi di merito, definivano così la questione in senso sfavorevole al consumatore francese, dichiarando che

“1)      Una pratica commerciale consistente nella vendita di un computer provvisto di programmi informatici preinstallati senza che vi sia la possibilità per il consumatore di ottenere lo stesso modello di computer sprovvisto di programmi informatici preinstallati non costituisce, in quanto tale, una pratica commerciale sleale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), salvo il caso in cui una pratica di questo tipo sia contraria alle norme di diligenza professionale e alteri o sia idonea ad alterare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio in relazione al prodotto, ipotesi che spetta al giudice nazionale verificare, tenendo in considerazione le circostanze specifiche del procedimento principale.

2)      Nell’ambito di un’offerta congiunta consistente nella vendita di un computer provvisto di programmi informatici preinstallati, la mancata indicazione del prezzo di ciascuno dei programmi informatici preinstallati non costituisce una pratica commerciale ingannevole ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, lettera a), e dell’articolo 7 della direttiva 2005/29.”

Conclusioni

La citata pronuncia non deve essere letta come un mero obbligo posto in capo al consumatore di acquistare necessariamente un computer con software preinstallati, in quanto, viene sempre garantita la possibilità a quest’ultimo di esercitare il diritto di recesso mediante la non accettazione delle condizioni di licenza del software. Inoltre, a ben vedere, il fatto di vendere congiuntamente al dispositivo alcuni programmi informatici è quasi una agevolazione nei confronti del consumatore, il quale statisticamente preferisce l’acquisto di un computer provvisto di programmi preinstallati in modo da poterlo utilizzare nell’immediato.

 Dott. Giuseppe Laganà

 

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