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La questione sorge da un’iniziativa cautelare ante causam, promossa dalla ricorrente al fine di ottenere tutela relativamente ad una serie di violazioni, compiute a suo danno, degli obblighi di correttezza imprenditoriale.

Nel caso di specie, la violazione degli obblighi suddetti parrebbe essere avvenuta mediante l’abusivo utilizzo di marchi e domain name, con effetto confusorio fra le attività imprenditoriali delle due parti, configurando un’ipotesi di concorrenza sleale.

Con domain name si intende quella stringa di testo capace di identificare in modo univoco un host in Rete. In passato, essendo il domain name considerato come semplice indirizzo telematico mediante cui raggiungere un determinato sito web, non si riteneva applicabile ad esso la disciplina relativa alla concorrenza sleale. Ad oggi invece, il codice della proprietà industriale, recependo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, ha fatto rientrare nella materia dei segni distintivi la tutela del nome a dominio utilizzato nell’attività economica, rendendo dunque applicabili le norme in materia di concorrenza sleale.

La giurisprudenza pare ormai concorde nel ritenere la registrazione di un domain name che riproduce o contiene il marchio altrui come una contraffazione del marchio stesso, poiché tale registrazione permette di ricollegare l’attività a quella del titolare del marchio, sfruttando la notorietà del segno e traendone, quindi, un indebito vantaggio.

Gli aspetti problematici della vicenda attengono, nello specifico, all’esatta determinazione del Foro competente sulla base della nozione di “luogo di commissione del fatto”.

La società ricorrente, nell’azionarsi in termini cautelari al fine di inibire i comportamenti ritenuti abusivi della seconda società, aveva indicato fin da subito la competenza nel Foro di Bologna, facendo dunque riferimento territoriale al Tribunale competente per il distretto in cui aveva sede la stessa società ricorrente.

La determinazione del locus commissi delicti nel caso di specie

Il Decreto con il quale il Tribunale di Bologna dichiara la propria incompetenza a favore del Tribunale di Trento fa in primo luogo riferimento alla nozione di locus commissi delicti di cui all’art. 20 c.p.c.

Per i giudici infatti, a rilevare nel caso in oggetto non può essere il luogo in cui ha sede la società ricorrente, quanto piuttosto il luogo di commissione del fatto contestato, da individuare senza dubbio nel territorio in cui la società convenuta ha concretizzato la presupposta violazione, ossia Trento e provincia, realtà nelle quali la società opera abitualmente.

A nulla è valso il tentativo di interpretare in termini estensivi il concetto di “commissione del fatto”, riferendosi con ciò non solo al luogo della condotta, ma anche a quello in cui si producono gli effetti pregiudizievoli della ìstessa. Infatti, anche volendo tentare di accogliere una nozione più ampia di luogo di commissione del fatto, difficilmente si potrà ricomprendere in esso il luogo in cui ha sede il soggetto colpito dall’altrui attività illecita.

La più ampia nozione possibile relativamente alla locuzione precedente è da individuare nell’art.5 n.3) della Convenzione di Bruxelles 27/9/1968, attinente alla competenza giurisdizionale e all’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Tale Convezione infatti, nell’individuare la giurisdizione in materia di “delitti e quasi delitti”, riferendosi al “luogo in cui è avvenuto l’evento dannoso”, intende quello in cui è stata compiuta l’azione che ha provocato il danno o quello in cui il danno si è verificato. Con riferimento a quest’ultimo deve aversi riguardo al solo danno iniziale, e non anche ai danni conseguenti: rilevante è quindi solamente il luogo ove il fatto causale ha prodotto direttamente i suoi effetti nei confronti di colui che ne è la vittima immediata.

Quanto evidenziato finora può e deve applicarsi anche nel caso di procedimento cautelare ante causam come quello in oggetto. Per giurisprudenza costante, la competenza deve individuarsi nel luogo in cui il soggetto agente teme si stia per verificare il fatto dannoso (da intendersi come il luogo in cui si sostanzia l’attività da inibire). In questo caso bisogna quindi far riferimento al luogo della produzione, quale causa originaria ed unitaria del danno preminente rispetto alla localizzazione diffusa delle varie componenti del danno stesso.

Foro competente in relazione all’utilizzo abusivo di un domain name

Come accennato inizialmente, la tutela sostanziale e processuale del domain name viene oggi ricompresa all’interno del codice della proprietà industriale. Il 6° comma dell’art. 120 del C.P.I., fissando un criterio di competenza speciale, afferma che “le azioni fondate su fatti che si assumono lesivi del diritto dell’attore possono essere proposte anche dinanzi all’autorità giudiziaria dotata di sezione specializzata nella cui circoscrizione i fatti sono stati commessi”.

L’art. 120 C.P.I., in quanto norma sulla competenza, deve necessariamente essere interpretato in un’ottica di garanzia circa la certezza e la prevedibilità del luogo in cui una data controversia debba essere radicata. L’obiettivo deve dunque essere quello di garantire la miglior gestione possibile del processo da parte del giudice.

La Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Bologna, riprendendo precedenti decisioni dei giudici di legittimità, evidenzia che il luogo di commissione della contraffazione industriale attraverso Internet è da individuarsi o nel luogo in cui, presuntivamente, vengono inseriti in un sito Internet dei dati illeciti oppure in quello di conclusione del contratto di vendita del prodotto contraffatto, solitamente corrispondente alla sede del venditore, che ivi ha conoscenza dell’accettazione dell’acquirente.

Essendo l’art. 120 C.P.I.  una disposizione avente carattere speciale e quindi prevalente rispetto alle norme del codice di rito, nel caso in cui la condotta lesiva consista nella pubblicizzazione di un prodotto su un sito web, il locus commissi delicti deve essere individuato nel luogo di stabilimento dell’inserzionista, ovvero quello in cui è stato deciso ed avviato il processo tecnico finalizzato alla visualizzazione dell’annuncio commerciale; in alternativa, la competenza spetta al Tribunale del luogo in cui ha sede la società che gestisce il sito web. È chiaro che, in entrambi i casi, questa vada individuata nel foro di Trento e provincia.

Da quanto sopra emerge che, nel caso in oggetto, secondo l’organo giudicante, la dichiarazione di incompetenza non muta nemmeno in applicazione della disciplina speciale in analisi.

Dott. Alvise Nisato

 

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