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La fotografia di strada, detta anche “Street Photography”, è un genere fotografico che consiste nel ritrarre soggetti in pose spontanee e in ambienti della vita di tutti i giorni, al fine di immortalare la realtà quotidiana in modo autentico. Le caratteristiche principali della Street Photography sono quindi la spontaneità del soggetto ritratto, che viene spesso fotografato mentre svolge le proprie attività quotidiane e l’improvvisazione del fotografo, che deve cogliere il momento per lo scatto in una situazione in continuo movimento ed evoluzione.

Questa tecnica comporta che il soggetto ritratto, la maggior parte delle volte, non sa nemmeno di essere fotografato, proprio per assicurare l’autenticità della scena.

Quali sono allora i limiti giuridici di questo genere di fotografia, per conciliare l’impossibilità o la difficoltà di ottenere il consenso di chi viene fotografato e la salvaguardia della natura artistica?

Il problema sorge più che mai nell’epoca attuale, ossia nell’era dei social e di Internet, in cui la pubblicazione di una foto può diventare virale sul web in pochi minuti.

In passato, questo problema si poneva infatti in modo meno preponderante, basti pensare a foto di fotografi famosi che ritraevano immagini di soggetti pienamente riconoscibili e che hanno fatto la storia della fotografia. Di certo tali fotografi non chiedevano il consenso o una liberatoria per la divulgazione, ma le finalità artistiche e culturali erano in grado di superare certamente i problemi derivanti dal diritto di immagine o alla riservatezza della persona ritratta.

Oggi invece è assolutamente necessario definire i confini giuridici di quest’attività, in modo da garantire il rispetto della legge e dei diritti e delle libertà dei soggetti interessati.

I limiti giuridici della Street Photography

In primo luogo, occorre distinguere l’attività della mera fotografia, ovvero l’attività di scattare fotografie ritraenti soggetti riconoscibili senza divulgarle, dall’attività di pubblicazione, esposizione o commercializzazione delle stesse.

In questo secondo caso, bisogna prima di tutto fare riferimento alla Legge sul Diritto d’autore (L. n. 633/1941). L’art. 96 L.A., in particolare, prevede che “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa”. Per queste attività, quindi, come ad esempio per l’esposizione in una mostra, o anche solo per la pubblicazione su internet di una fotografia, è necessario il consenso della persona interessata, ma non si potrebbe al contrario ritenere vietata l’attività di scattare fotografie in ambienti pubblici, anche a insaputa dei soggetti ritratti.

L’art. 97 della Legge sul Diritto d’Autore prevede però alcune eccezioni, ovvero dei casi in cui è possibile “esporre, riprodurre o commercializzare” il ritratto di una persona anche senza il suo consenso. In particolare, ciò è consentito quando:

  • il soggetto fotografato è un personaggio pubblico o notorio;
  • sussiste uno scopo di giustizia, di polizia, didattico o culturale;
  • la riproduzione riguarda fatti, avvenimenti, eventi o cerimonie svolte in luogo pubblico.

Non si potrebbe allora ritenere vietata nemmeno la pubblicazione di fotografie ritraenti situazioni di vita quotidiana a scopo culturale o didattico, o che ritraggono personaggi notori. Mentre, al contrario, si potrebbe ritenere illecita la divulgazione di fotografie che esulano dalla finalità culturale o di informazione.

Sul punto, di recente, si è espresso anche il Tribunale di Torino, che in una sentenza ha precisato che “La divulgazione dell’immagine senza il consenso dell’interessato è lecita soltanto se ed in quanto risponda alle esigenze di pubblica informazione, non anche quando sia rivolta ad altri fini (pubblicitari, commerciali, ecc.)”.

L’illecito utilizzo della immagine – in difetto di consenso dell’interessato – si configurerebbe allora quando la divulgazione abbia il solo scopo di sfruttamento commerciale o pubblicitario della fotografia.

Pare opportuno precisare però che resta comunque intatto il diritto all’immagine della persona ritratta. Infatti, l’art. 10 Codice civile prevede che, anche nei casi appena visti, in cui l’esposizione e la pubblicazione è consentita dalla legge, se l’immagine reca comunque un pregiudizio al decoro o alla reputazione dell’interessato, questo può inibirne la divulgazione e chiedere il risarcimento dei danni.

Si dovrebbe peraltro ritenere del tutto lecita la fotografia di soggetti ritratti all’aria aperta e in luoghi pubblici se non ne consegue un’attività di pubblicazione o divulgazione. D’altra parte, anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione afferma, ormai da tempo, che non è illecita l’attività di fotografare o riprendere persone o situazioni visibili senza aggirare i normali ostacoli predisposti dall’interessato per impedire ad altri di intromettersi nella propria vita privata.

Quanto finora messo in luce riguarda però soltanto le attività di mera fotografia, la pubblicazione, l’esposizione o la commercializzazione di fotografie di soggetti riconoscibili, mentre non si porrebbe alcun problema giuridico nel caso in cui il soggetto ritratto non sia identificabile e non sia possibile risalire alla sua identità nemmeno attraverso altri elementi identificativi.

In questo caso, quindi, per la sua divulgazione, non servirebbero né il consenso della persona ritratta, né tantomeno la necessità di rientrare in una delle ipotesi di cui all’art. 97 L.A..

L’attività professionale e l’applicazione del Reg. UE 679/2016 (GDPR)

Il fotografare un soggetto riconoscibile costituisce, già di per sé, un trattamento di dati personali e può quindi, entro determinati limiti, comportare l’applicazione del GDPR.

Secondo l’art. 4 GDPR, in particolare, si considera trattamento “qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali”, mentre si definisce dato personale “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile, direttamente o indirettamente”.

La fotografia di una persona riconoscibile o comunque identificabile da elementi presenti nella foto costituisce quindi un dato personale: di conseguenza, per valutarne la liceità, bisogna considerare anche la normativa prevista dal GDPR, nel caso in cui questo sia applicabile in concreto.

A tal proposito, occorre considerare quanto previsto dall’art. 2 GDPR, secondo il quale “il presente regolamento non si applica ai trattamenti dei dati personali effettuati da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico”.

Nel caso inverso, quindi, ovvero nell’ipotesi in cui l’attività sia svolta in maniera professionale e comporti la commercializzazione o la divulgazione delle foto, potrebbe certamente comportare l’applicazione del GDPR, e tutte le regole che ne derivano.

In particolare, non si potrebbe prescindere né dalla prestazione del consenso della persona interessata, né tantomeno dal fornirle tutte le informazioni necessarie di cui all’art. 13 GDPR sulle finalità del trattamento, la base giuridica e i tempi di conservazione delle immagini.

Tale obbligo però si può distinguere in base alle diverse situazioni e diversi contesti:

  1. se l’attività viene svolta semplicemente per strada senza alcuna occasione particolare; oppure
  2. se l’attività è svolta in occasione di cerimonie, avvenimenti o eventi di interesse pubblico; o, ancora
  3. se il soggetto è identificabile ma non è l’oggetto principale della foto.

Nel primo caso, è certamente necessario il consenso della persona interessata nel caso in cui la fotografia è destinata ad essere divulgata.

Diversamente, in caso di occasioni particolari, come eventi di interesse pubblico, fiere o cerimonie, non si potrebbe ritenere necessaria la prestazione del consenso. Tutt’al più, sembrerebbe opportuna l’esposizione di un’informativa con tutti gli elementi richiesti dall’art. 13 GDPR, senza che ciò comporti la necessità della prestazione del consenso preventivo dell’interessato per la pubblicazione delle foto.

Se, poi, il soggetto è identificabile, ma appare soltanto come elemento secondario della fotografia, occorre verificare quale sia lo scopo e l’utilizzo della ripresa. Se lo scopo principale della foto è riportare una situazione o un evento, come, ad esempio, riprendere una manifestazione a scopo di informazione sociale, ci troveremmo davanti a una delle ipotesi di cui all’art. 97 L.A, per la quale, quindi. non è necessaria l’autorizzazione dell’interessato per la divulgazione della fotografia che lo ritrae. La persona interessata però potrebbe sempre inibire la divulgazione nel caso in cui la fotografia venga sfruttata per finalità commerciali o pubblicitarie.

Redazione diritto dell’Informatica

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