Ai sensi dell’art. 24 della L. 7 agosto 1990, n. 241, quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Tale previsione è stata interpretata nel senso che la domanda di accesso agli atti prevista dall’art. 25 L. 7 agosto 1990, n. 241, prevalga sull’esigenze di riservatezza dei terzi quando sia concretamente collegato alle specifiche esigenze del richiedente, di carattere serio e non emulativo, allorché il documento sia indispensabile o utile ai fini della tutela processuale, purché tale esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 08 giugno 2005, n. 1010). Il diritto di accesso ai documenti amministrativi non prevale sul diritto alla riservatezza il cui bilanciamento è invece rimesso alla prudente comparazione dell’amministrazione e del giudice quanto alla prevalenza dell’interesse alla tutela giurisdizionale mediante previo accesso rispetto al diritto alla tutela della privacy personale (Consiglio Stato , sez. V, 12 ottobre 2004 , n. 6581).

(T.A.R. Lombardia Milano, Sezione I, 07/02/2007, n. 181).

Testo integrale della sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
Sezione prima

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 2030/2006 proposto da:

D.S. s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avvocati ….

contro

INPS in pesrona del legale rappresentante, rappresentato e difeso da ….

e nei confronti di D.F., rappresentato e difeso da …

per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, del provvedimento del Direttore provinciale dell’INPS sede di Como del 29/06/2006 di rigetto della richiesta di accesso, inoltrata dalla società D.S. di F.G. Srl ai dati personali relativi al Sig. D.F. e per l’accertamento del diritto del ricorrente all’accesso agli atti detenuti dall’Inps di Como, Agenzia di Erba, relativamente alla posizione contributiva di F.D.
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente e del controinteressato
Udito il relatore Primo Ref. CECILIA ALTAVISTA e uditi altresì i difensori presenti delle parti

Svolgimento del processo

La società ricorrente è stata parte in un giudizio arbitrale, conclusosi con lodo pronunciato in data 30 maggio 2006, nel quale era contrapposta al sig F.D. relativamente all’esercizio del diritto di opzione derivante da un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, per l’affitto del ramo azienda.

Il lodo si concludeva con l’accertamento del diritto del D. all’esercizio del diritto di opzione oltre alla condanna della società al pagamento dei compensi per il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.

Con il presente ricorso la società D.S. ha chiesto l’accesso alla documentazione relativa alla posizione previdenziale presso l’Inps del sig F.D. sostenendo che la conoscenza di tale documentazione appare assolutamente necessaria in relazione alla impugnazione del lodo arbitrale sfavorevole.

L’Inps ha negato l’accesso richiesto dalla società ricorrente, affermando che il regolamento adottato dall’Inps per l’esercizio del diritto d’accesso ai sensi della legge n° 241 del 1990 subordina l’accesso ai dati richiesti al consenso dell’interessato, consenso negato dal sig. D..

Si sono costituito l’Inps e il controinteressato eccependo la irricevibilità e inammissibilità del ricorso e contestandone la fondatezza.

Alla camera di consiglio del 25 ottobre 2006 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

In via preliminare deve essere esaminata l’eccezione di irricevibilità del ricorso proposta dall’Inps. Sostiene l’Istituto resistente che il ricorso dovrebbe considerarsi tardivo, in quanto la richiesta d’accesso era stata già presentata il 26-4-2006 e respinta in data 8 giugno 2006, il secondo diniego del 29-6-2006 oggetto del presente ricorso sarebbe meramente confermativo del precedente.

Tale eccezione non può essere condivisa.

L’adunanza plenaria infatti ha chiarito che la mancata impugnazione del diniego all’accesso agli atti e all’attività amministrativa, nel termine di trenta giorni, decorrente dalla conoscenza del provvedimento di diniego o dalla formazione del silenzio significativo, non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego, laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo, potendo l’interessato reiterare l’istanza di accesso e pretendere riscontro alla stessa in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all’accesso, in tal caso, l’originario diniego, da intendere sempre rebus sic stantibus, ancorché non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun rilievo nella successiva vicenda procedimentale e processuale (Consiglio Stato a. plen., 18 aprile 2006 , n. 6).

In presenza dunque anche, come nel caso di specie, di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, vale a dire della posizione che legittima all’accesso medesimo,deve ritenersi possibile impugnare la seconda determinazione negativa anche in difetto di tempestiva impugnazione della prima.

Nel caso di specie, l’istanza riproposta al direttore dell’Inps di Como prospettava nuove situazioni di interesse alla conoscenza degli atti, come quella relativa all’interesse giuridicamente rilevante alla impugnazione del lodo arbitrale non esposta precedentemente.

Pertanto il provvedimento Inps del 29 giugno 2006 non può dirsi meramente confermativo dei precedenti.

Nel merito il ricorso è infondato.

Il diritto d’accesso, ai sensi dell’art 22 della legge n° 241 del 7-8-1990, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. Ne deriva che anche nella sua massima espansione, debba essere esercitato in correlazione con l’attività amministrativa. Pertanto se anche è previsto rispetto alle attività di diritto privato della pubblica amministrazione, non può avere ad oggetto atti che riguardino rapporti esclusivamente privatistici.

Il diritto d" accesso agli atti del procedimento, riconosciuto dall’art. 22 l. 7 agosto 1990 n. 241, è finalizzato ad assicurare la piena trasparenza dell’azione amministrativa ed a favorirne lo svolgimento imparziale; lo stesso costituisce un autonomo diritto soggettivo all’informazione, accordato per la tutela , nel senso più ampio ed onnicomprensivo, del cittadino che ha rapporti con i pubblici poteri (Consiglio Stato , sez. VI, 14 dicembre 2004 , n. 8062).

Nel caso di specie la società ricorrente richiede la documentazione della posizione previdenziale del D. per la tutela di una situazione giuridica nell’ambito di un rapporto contrattuale con lo stesso.

Ai sensi dell’art 24 della legge n° 241 del 7-8-1990, quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.

Tale previsione è stata interpretata nel senso che la domanda di accesso agli atti prevista dall’art. 25 l. 7 agosto 1990 n. 241 prevalga sull’esigenze di riservatezza dei terzi quando sia concretamente collegato alle specifiche esigenze del richiedente, di carattere serio e non emulativo, allorché il documento sia indispensabile o utile ai fini della tutela processuale, purché tale esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 08 giugno 2005 , n. 1010).

Il diritto di accesso ai documenti amministrativi non prevale sul diritto alla riservatezza il cui bilanciamento è invece rimesso alla prudente comparazione dell’amministrazione e del giudice quanto alla prevalenza dell’interesse alla tutela giurisdizionale mediante previo accesso rispetto al diritto alla tutela della privacy personale (Consiglio Stato , sez. V, 12 ottobre 2004 , n. 6581).

Nel caso di specie la tutela di situazioni giuridiche private può essere assicurata tramite gli strumenti propri del processo civile, in particolare l’ordine di esibizione della documentazione ai sensi dell’art 210 del codice di procedura civile, tanto più che la società ricorrente basa le sue richieste sull’interesse ad una eventuale querela di falso della certificazione INPS.

Tali strumenti processuali non incontrano infatti il limite della riservatezza, che si pone, invece, all’Amministrazione rispetto ad informazioni relative a terzi privati.

L’INPS ha, infatti, basato il diniego anche sul proprio regolamento per l’esercizio del diritto di accesso che prevede la necessità del consenso del terzo rispetto a documenti che lo riguardino.

Mancando il consenso del D., l’INPS ha in maniera legittima negato l’accesso, non risultando uno strumento assolutamente indispensabile al fine di tutelare situazioni giuridicamente rilevanti, che anzi trovano la tutela occorrente in altri strumenti previsti dall’ordinamento.

Ne deriva che il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sez. I, respinge il ricorso in epigrafe Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa. Così deciso in Milano nella Camera di Consiglio del 25 ottobre 2006, con l’intervento dei Magistrati:
Piermaria Piacentini – Presidente
Cecilia Altavista Primo Referendario EST
Maria Grazia Vivarelli – Referendario

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