Il fenomeno degli acquisti on line è da anni in continua espansione, ma se da un lato agevola il consumatore, ampliando le possibilità di scelta sul dove e sul come acquistare, dall’altro lo espone al rischio di  incorrere in problematiche derivanti da acquisti non particolarmente cauti.

Come abbiamo avuto modo di vedere nell’articolo dello scorso 3 settembre, è bene che ognuno di noi adotti delle precauzioni per limitare il più possibile i rischi di eventuali ma tuttavia sempre più frequenti truffe.

Purtoppo, nemmeno uno tra i più importanti siti di e-commerce come Amazon riesce ad evitare totalmente la succitata problematica, con la conseguenza di determinare un rischio sempre più frequente di incappare in annunci truffaldini, i quali, sfruttando i “punti deboli” del colosso della vendita on line , cercano di trarre in inganno il consumatore ed estorcergli, tramite raggiri, somme di denaro o dati personali.

In effetti, il mondo degli acquisti online, risulta essere tanto affascinante quanto pericoloso: vi si possono fare ottimi affari sul piano del rapporto qualità-prezzo, è vero, ma occorre comunque prestare sempre estrema attenzione a non essere tratti in inganno, posto che il rischio di venire raggirati resta sempre dietro l’angolo.

Il fatto che determinati prodotti non siano venduti direttamente da Amazon, ma da altri soggetti tramite i marketplaces, spinge eventuali e potenziali malviventi a violare proprio gli account di questi ultimi, pubblicando un’inserzione con un prezzo vantaggioso idoneo a suscitare la curiosità dei potenziali acquirenti.

A questo punto, sorge spontaneo chiedersi: quali sono le forme di tutela che il nostro ordinamento giuridico fornisce al consumatore di fronte a questo fenomeno? Cosa può fare quest’ultimo, nel malaugurato caso in cui dovesse rimanere vittima di una truffa operata tramite vendita di prodotti online? Vediamolo subito.

La truffa contrattuale:

Quando si parla di truffa, viene naturale ed automatico pensare alla fattispecie delittuosa di cui all’art. 640 del codice penale, in forza del quale è punito «chiunque, con artifizi e raggiri,inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno».

Tuttavia, sembra opportuno informare il lettore dell’esistenza di un’altra e più specifica fattispecie di reato, di pura elaborazione giurisprudenziale: la c.d. truffa contrattuale.

Si tratta di una tipologia di truffa alquanto peculiare, perché si pone al confine tra il diritto civile e il diritto penale. Ed invero, secondo il giudice nomofilattico, «sussiste l’illecito di truffa contrattuale quando l’agente inganna la parte offesa, inducendola a prestare il proprio consenso alla conclusione del negozio, mediante l’attuazione di artifici e raggiri concernenti anche aspetti contrattuali accessori o meramente esecutivi» (ex plurimis, Cass. pen., sez. II,22 ottobre 2015, n. 45726).

Essa, infatti, ricorre ogniqualvolta l’agente, mediante artifici o raggiri posti in essere al momento della formazione di un contratto, induca la vittima a concludere il contratto stesso a condizioni che non sarebbero state accettate da quest’ultima, senza la frode dell’altro contraente.

Ecco allora, ad esempio, che l’alterazione del prezzo, come nel caso in cui si ravvisi uno sconto del 50% sulla tariffa del prezzo di listino (circostanza, peraltro, verificatasi di recente su Amazon), può sicuramente integrare la fattispecie del reato della truffa contrattuale, non potendo negare che tale elemento sia determinante ai  fini della conclusione del contratto, poiché idoneo a mutare la realtà dei fatti agli occhi dell’acquirente e quindi a compromettere la capacità decisionale di quest’ultimo, facendolo procedere all’acquisto con la falsa convinzione di stare concludendo un affare conveniente.

Cosa fare quando ci si rende conto di essere stati vittima di truffa:

Salvo casi particolari, la truffa semplice non è un delitto che rientra fra quelli perseguibili d’ufficio: ciò sta a significare che né un magistrato, né un altro organo inquirente può intervenire senza che sia stato compiuto un atto di impulso da parte della persona offesa, attraverso il quale egli abbia manifestato la volontà di ottenere giustizia. Tale particolare atto è da individuarsi nella c.d. querela, che l’offeso deve presentare (anche tramite il suo avvocato) necessariamente entro tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato.

La querela può essere presentata personalmente dal querelante o anche dal suo difensore munito di procura speciale, presso la Procura della Repubblica oppure davanti a qualunque autorità di pubblica sicurezza (ad esempio, ci si può recare presso la Questura più vicina o presso una caserma dei Carabinieri); in forma orale (in questo caso, il pubblico ufficiale provvederà a redigere apposito verbale), o in forma scritta (direttamente dal soggetto interessato), nonché tramite un incaricato o ancora per posta raccomandata.

Il contenuto di tale atto dovrà poi essere costituito dalla descrizione del fatto-reato (con eventuali notizie, qualora si conoscessero, circa l’autore del reato, nonché eventuali prove), la chiara manifestazione della volontà del querelante di procedere nei confronti di quello che si ritiene il presunto truffatore (o, in caso di mancata individuazione, la volontà di procedere contro ignoti).

Inoltre, è vivamente consigliato, al momento della presentazione della querela, chiedere espressamente di essere informati circa l’eventuale archiviazione del procedimento, in modo da poter presentare opposizione alla stessa.

Tutela del consumatore e diritto penale:

Da quanto affermato sino ad ora, è facilmente intuibile come il diritto penale, parimenti al diritto civile, rivesta pertanto un ruolo di rilievo nell’ambito della tutela del consumatore: nei casi di truffa sopra citati, i comportamenti criminosi vengono perseguiti attraverso l’irrogazione di sanzioni penali.

Infatti, l’art. 640 del codice penale punisce la truffa con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con il pagamento di una multa che può variare da 50 euro e i 1032 euro.

Nel caso poi di una truffa aggravata, viene ulteriormente inasprito il comportamento sanzionatorio, il quale passa ad una forbice edittale che va da 1 anno a 5 anni di reclusione e da 309 euro a 1549 euro di multa.

Quali sono le sorti di un contratto concluso mediante una truffa?

A stabilire le sorti del contratto concluso per effetto di un comportamento truffaldino posto in essere da una delle due parti, è intervenuta a più riprese la Corte di Cassazione, la quale con diverse pronunce ha stabilito come tale contratto non sia radicalmente nullo, ma solamente annullabile.

Per maggior chiarezza, sia noto che la differenza fra queste due fattispecie di invalidità contrattuale sta nel fatto che, mentre un contratto nullo è come se non fosse mai esistito, l’annullabilità è, invece, una forma di invalidità meno grave. Quest’ultima, infatti, permette al contratto con cui il consumatore ha provveduto all’acquisto del bene, di produrre comunque i suoi effetti ogniqualvolta il consumatore dichiari per iscritto che, pur essendo a conoscenza dell’esistenza di motivi di annullabilità, egli vuole che il contratto rimanga comunque valido (è l’istituto della c.d. convalida, prevista dall’art. 1444 c.c., a norma del quale «Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s’intende convalidarlo. Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l’azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità. La convalida non ha effetto, se chi l’esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto»).

In caso contrario, invece, qualora il contraente truffato decidesse di non ricorrere allo strumento di convalida, il contratto verrà dichiarato invalido perché affetto da cause di annullabilità, circostanza che darà la possibilità al soggetto leso di ottenere un risarcimento per il danno subito (che nel caso di specie, potrebbe soddisfarsi anche con il semplice rimborso della somma pagata per l’acquisto).

Conclusioni:

Tutto quanto considerato, non si vuole certo, con questo articolo, scoraggiare la massa dei compratori dall’effettuare “affari” online, avvengano questi su Amazon o su qualsiasi altro sito di e-commerce.

Ciononostante, appare fondamentale sensibilizzare i consumatori a prestare la massima attenzione possibile a quanto offerto dalla rete, posto che, spesso, non tutto è poi effettivamente come appare, soprattutto sul web.

Prezzi particolarmente bassi rispetto alla media, account di venditori sospetti, strane modalità di pagamento previste, sono tutti campanelli d’allarme che dovrebbero mettere in guardia chi si accinge ad effettuare un particolare acquisto.

L’eccessiva prudenza, in questi casi, non è mai un difetto. E anche qualora quest’ultima non dovesse bastare, occorre non perdersi d’animo: ricorrere all’aiuto delle autorità, o di un buon avvocato, è la mossa migliore da fare non solo per tutelare i propri interessi, ma soprattutto per concludere i propri affare in tutta sicurezza.

Dott.ssa Giulia Grani

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