La tecnica di rinvio ad un link ipertestuale risulta idonea ad escludere la decettività del messaggio solo ove risultino chiaramente percepibili, sin dalla prima pagina del sito web (o, comunque, sin dal primo livello di navigazione) le caratteristiche essenziali dell’offerta.
(TAR Lazio Sezione I, 8 settembre 2009, n. 8394).
Testo integrale della sentenza
Il procedimento in esame trae origine dall’istruttoria avviata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, su segnalazione, tra gli altri, dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, relativamente alle campagne realizzate da Enel Energia S.p.A., Eni S.p.A., AceaElectrabel Elettricità S.p.A., AEM Energia S.p.A., ASM Energia e Ambiente S.r.l., Trenta S.p.A., Enìa Energia S.p.A., MPE Energia S.p.A., Italcogim Energie S.p.A., mediante diversi mezzi di comunicazione, per pubblicizzare le offerte c.d. “prezzo fisso/certo/bloccato” nonché l’offerta c.d. “bioraria” di energia elettrica e gas, rivolte ai clienti domestici del mercato libero, e ritenute potenzialmente idonee ad indurre in errore i destinatari relativamente “alle caratteristiche essenziali delle offerte stesse, ovvero relativamente al prezzo complessivo applicato al consumatore per l’erogazione del servizio richiesto, attraverso indicazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete”.
In particolare, in tali offerte “non sarebbe stata sufficientemente specificata la presenza di componenti di prezzo regolamentate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas […] e, quindi, soggette a variazioni, ovvero non sarebbe stati adeguatamente indicati i maggiori costi dell’energia previsti nelle fasce diurne dalle suddette offerte”.
L’Autorità ha pertanto ipotizzato la violazione la violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo.
In particolare, per quanto concerne l’odierna ricorrente è stata esaminata l’offerta “ECO Emmepie SICURA XL Famiglia”, diffusa sul sito internet della società, la quale garantisce il “prezzo bloccato dell’energia elettrica per 12 mesi” “senza, tuttavia, fornire alcuna precisazione, neppure attraverso un rimando ad una nota, circa cosa si debba intendere per costo fisso.” (delibera n. 19223/2008, par. II).
Nel corso del procedimento, le imprese (tra cui anche l’odierna ricorrente) hanno presentato impegni volti a rimuovere i profili di scorrettezza della pratica commerciale oggetto di contestazione
In particolare MPE si impegnava ad inserire una nota, con maggiori dettagli informativi, nella pagina web dedicata alle offerte, nonché ad inviare a ciascuno dei clienti domestici che avevano già aderito alle suddette offerte un’informativa scritta descrittiva della precisazione di cui sopra, oltre a verificare tramite call – center, che i clienti avessero effettivamente ricevuto e preso atto dell’informativa scritta loro inviata.
L’Autorità, nella sua adunanza del 30 aprile 2008, ha però ritenuto gli impegni presentati manifestamente inidonei a far venire meno i profili di decettività e ne ha, pertanto, disposto il rigetto, rilevando altresì che “sussiste l’interesse pubblico all’accertamento dell’eventuale infrazione considerata la peculiarità della fattispecie in esame, e, in particolare, la necessità di verificare nell’ambito di un approfondimento istruttorio l’esattezza e la completezza della comunicazioni commerciali, suscettibili di interessare un ampio numero di utenti, anche alla luce della solo recente liberalizzazione della vendita di energia elettrica e gas ai consumatori”.
In data 27 marzo e 1° aprile 2008, la società ha prodotto memorie, il cui contenuto è così sintetizzato nella delibera impugnata:
– con riferimento ai profili di scorrettezza contestati, la società evidenzia che nella promozione dell’offerta “Eco Emmepie Sicura XL Famiglia”, mediante la sua pubblicazione sul sito internet, non vi è stato alcun intento di confondere la idee al consumatore, presentando un prezzo della sola componente energia invece del prezzo complessivo determinato da detta parte libera e dai costi stabiliti trimestralmente dall’AEEG. Da anni, infatti, nel mercato di riferimento, il principale, per non dire unico, elemento che contraddistingue le diverse offerte degli operatori è il prezzo dell’energia, in quanto tutti gli altri numerosi elementi che compongono il prezzo finale non sono determinati dagli operatori, ma dall’AEEG;
– delle circa quaranta voci che compongono il prezzo finale dell’energia pagato dall’utente, solo una, ossia l’energia, è lasciata alla libera autonomia del fornitore. In ogni caso, tutte queste voci sono riportate specificamente nelle Condizioni Generali di Contratto pubblicate, unitamente all’offerta in questione, sul sito internet;
– l’intento perseguito era quello di permettere al cliente un confronto certo e diretto tra le offerte dei vari operatori. Indicare il costo finale complessivo, senza evidenziare il costo dell’energia, sarebbe più ingannevole per il cliente. Le varie voci di costo che compongono il prezzo finale, oltre a essere plurime, variano in modo complesso secondo scaglioni di consumo annuale. Per questa ragione, l’AEEG ha deciso di non disporre per i clienti domestici la presentazione di una scheda strutturata secondo le varie voci di costo, ma un più semplice conteggio del prezzo complessivo per il cliente, secondo fasce di consumo predefinite;
– MPE in ottemperanza alle disposizioni dell’AEEG, ha riportato sul proprio sito Internet tutti i documenti (schede, Condizioni Generali di Contratto, offerte) che costituiscono parte integrante del pacchetto di offerta, elencandoli espressamente nella documentazione che deve essere scaricata per aderire all’offerta;
– i contratti stipulati in relazione all’offerta in questione sono circa […] (aprile 2008), a riprova del fatto che l’offerta è risultata per i clienti finali poco appetibile, oppure non adeguatamente pubblicizzata, ma certamente non ingannevole.
Sulla base delle risultanze istruttorie, con il provvedimento impugnato, l’Autorità, con particolare riguardo ai messaggi diffusi da MPE s.p.a. volti a promuovere l’offerta “ECO Emmepie SICURA XL Famiglia”, diffusi sul sito internet della società, ha rilevato che gli stessi “risultano essere confusori ed omissivi. Il claim ‘prezzo bloccato dell’energia elettrica per 12 mesi’ risulta, infatti, non veritiero, essendo fissa solo una delle componenti di costo e non l’intero prezzo finale che il consumatore dovrà corrispondere. Peraltro, si evidenzia che il claim non viene specificato neppure attraverso un rimando in nota, non offrendo, dunque, al consumatore alcun dettaglio informativo di immediata percezione per comprendere le reali caratteristiche dell’offerta e cosa si debba intendere per costo fisso.”.
Alla società è stata altresì irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 100.000.
Avverso siffatte determinazioni, con il presente ricorso, deduce;
– Mpe non ha volutamente inteso indicare alcun prezzo di “impatto”, limitandosi, invece, a pubblicizzare una caratteristica dell’offerta, con conseguente inapplicabilità dei precedenti dell’Autorità e della giurisprudenza amministrativa in materia di promozione di prezzi e tariffe;
– l’unica stima effettuabile dal consumatore medio è quella resa possibile dalla lettura della c.d. “scheda di confrontabilità”, anche tenendo conto del fatto che la componente variabile del costo dell’energia non è determinabile ex ante in quanto rimessa alle determinazioni dell’AEEG;
– i contenuti economici dell’offerta potevano essere approfonditi dall’utente attraverso la consultazione dell’apposito link che dava accesso alla documentazione, in formato .pdf., relativa alle condizioni economiche dell’offerta. Nella prima pagina si fornivano le istruzioni per aderire all’offerta, sottolineando che per poter sottoscrivere il contratto era necessario prima di tutto stampare l’offerta e la “Scheda di riepilogo per i clienti finali domestici ai sensi della del. AEEG n. 105/2006 del 30.5.2006)”;
– alcun rilievo è stato attribuito alla circostanza che l’utente fosse obbligato a ricevere detta scheda prima della conclusione del contratto, in conformità, peraltro, del codice di condotta predisposto dall’AEEG;
– il messaggio in esame è stato diffuso esclusivamente sul sito web della società e non si articola mediante rinvii a fonti informative diverse, bensì si concretizza in un percorso guidato che conduce a diverso pagine dello stesso sito che il consumatore sta visitando; è la stessa AGCM, inoltre, a ritenere che, laddove sussista un collegamento logico tra un link ipertestuale e la pagina allo stesso collegata, ovvero laddove l’attivazione del link colleghi l’utente direttamente e univocamente a tale pagina web, il messaggio debba essere valutato tenendo presente le informazioni riportate in tutte la pagine web tra di esse logicamente collegate (vengono in particolare richiamati i precedenti dell’Autorità P13410 Tiscali “Mail Spamming” del 20.12.2001; PS1468 IT.LEO.Net-Suonerie e Loghi del 22 gennaio 2009: PI15083 Monitor Samsung – Garanzia di tre anni, del 5 luglio 2006);
– ai fini del rispetto dell’obbligo di diligenza professionale stabilito dal Codice del Consumo, è comunque sufficiente l’osservanza degli obblighi stabiliti dalla competente Autorità di regolazione;
– l’Autorità avrebbe peraltro trascurato che la campagna promozionale in esame ha avuto un impatto limitato (solo circa 70 utenti hanno scelto di aderire alle offerte promosse sul sito internet), in relazione all’ampio bacino di utenza attualmente servito dalla società, e che le componenti tariffarie non comprese nell’offerta di invariabilità sono del tutto neutre sulla convenienza della scelta del consumatore, essendo le stesse, ovviamente, presenti in ogni offerta di energia elettrica da parte dei concorrenti sul mercato;
– relativamente al provvedimento di rigetto degli impegni, la società ritiene che l’Autorità non abbia correttamente valutato la portata informativa della modifica proposta, in particolare mediante l’inserimento di elementi di maggior dettaglio all’interno di una nota esplicativa;
– la sanzione irrogata alla società, pari allo 0,024 del fatturato realizzato da quest’ultima nel 2007, è comunque sproporzionata se paragonata a quella irrogata ai maggiori players energetici attivi in Itala, vale a dire Enel ed Eni, nonché in rapporto all’effettivo impatto della campagna promozionale, tenuto conto del fatto che nessun consumatore si è mai lamentato delle modalità di presentazione dell’offerta da parte di Enia, al contrario, ad esempio, di quanto avvenuto nei confronti di Enel ed Eni; contrariamente a quanto ritenuto dall’Autorità, inoltre, non era possibile sottoscrivere il contratto direttamente on – line.
Si è costituita, per resistere, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, depositando documenti e memoria.
La ricorrente ha depositato una memoria, in vista della pubblica udienza del 24 giugno 2009, alla quale il ricorso è stato assunto in decisione.
1. Il procedimento in esame concerne il comportamento posto in essere da diverse società, operanti nel mercato delle vendita del gas naturale e dell’energia elettrica, consistente nel porre in essere campagne pubblicitarie, mediante diversi mezzi di comunicazione, “relative alle offerte c.d. “prezzo fisso/certo/bloccato” e c.d. “bioraria” di energia elettrica e gas, rivolte ai clienti domestici del mercato libero, idonee ad indurre in errore i destinatari relativamente alle caratteristiche essenziali delle offerte stesse, ovvero relativamente al prezzo complessivo applicato al consumatore per l’erogazione del servizio richiesto, attraverso indicazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete”.
In tali offerte non sarebbe stata sufficientemente specificata la presenza di componenti di prezzo regolamentate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas e, quindi, soggette a variazioni, ovvero non sarebbe stati adeguatamente indicati i maggiori costi dell’energia previsti nelle fasce diurne dalle suddette offerte (delibera n. 19223/2008, par. II).
L’Autorità ha pertanto ipotizzato la violazione la violazione degli artt. 20, 21, 22 del Codice del Consumo.
1.1. Per una migliore comprensione della vicenda, appare utile premettere il contenuto dei messaggi sanzionati, presentati sul sito web della società, oggetto della segnalazione da parte della AEEG.
Nella pagina iniziale delle offerte “per la casa” si legge che l’offerta denominata “Eco Emmepie Sicura XL Famiglia”, si caratterizza, tra l’altro, come un “prezzo senza sorprese”. Si aggiunge che “questa è la soluzione sicura e conveniente che manterrà bloccato per dodici mesi il prezzo dell’energia elettrica consumata dalla tua famiglia, proteggendoti dal rischio di eventuali rincari e aiutandoti nella pianificazione del tuo bilancio familiare”. Subito sotto compare un link in grassetto (“Scarica le condizioni dell’offerta – Formato .pdf) seguito da altro link per aderire all’offerta.
Nella stessa pagina, si precisa ancora che quella descritta è “la scelta responsabile per una energia ‘pura’ e senza sorprese perché prodotta solo da fonti rinnovabili e con un prezzo bloccato per dodici mesi”.
2. Come già accennato in punto di fatto, l’Autorità ha:
– rigettato gli impegni presentati dalla società volti a rimuovere i profili di scorrettezza della pratica commerciale oggetto di contestazione;
– deliberato che la pratica testé descritta, costituisce “una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lettera d), e 22, comma 4, lettera c), del Codice del Consumo”, vietandone l’ulteriore diffusione;
– applicato alla società una sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 100.000.
In linea generale, nelle “Valutazioni conclusive”, l’Autorità:
– quanto alle modalità di prospettazione del prezzo finale, ha ritenuto che “l’indicazione del prezzo al netto di imposte e di oneri aggiuntivi possa alterare in misura significativa la percezione della convenienza dell’offerta da parte dei consumatori”.
Ha altresì evidenziato che, nel settore dell’energia, “in cui sempre più stanno proliferando le offerte pubblicitarie degli operatori riguardanti profili tariffari molto articolati e in cui il prezzo finale del servizio è composto da una serie di voci (di difficile comprensione segnatamente per un consumatore medio), la completezza delle informazioni si qualifica come un onere minimo dell’operatore pubblicitario, al fine di far percepire all’utente l’effettiva convenienza dell’offerta”.
Tale esigenza di chiarezza si impone sin dal primo contatto pubblicitario, attraverso il quale debbono essere messi a disposizione del consumatore gli elementi essenziali per una immediata percezione dell’offerta economica pubblicizzata;
– quanto alla necessità di completezza e chiarezza del messaggio pubblicitario, ha rilevato che “la possibilità che il consumatore possa essere tratto in errore circa l’esatta portata dell’offerta non può essere esclusa dalla circostanza che l’utente sia in grado di conoscere le condizioni della stessa anche in un momento immediatamente successivo, come nel caso di specie, quale quello della consultazione del link “ulteriori informazioni”, oppure attraverso la fruizione del servizio di assistenza-clienti”. La consultazione di tale link da parte dell’utente è infatti solamente eventuale e, in ogni caso, anche tale link è visibile in una fase successiva rispetto a quella in cui il consumatore viene “agganciato” dal claim.
Secondo l’AGCM, inoltre, gli obblighi informativi definiti dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas sono finalizzati esclusivamente a garantire al consumatore la completezza delle informazioni al momento della sottoscrizione del contratto, ma non coprono la fase antecedente, rispetto alla conclusione del contratto stesso, costituita del contatto con il consumatore attraverso il messaggio pubblicitario relativo all’offerta commerciale, “contatto che è invece oggetto della tutela del consumatore disciplinata dal Codice del Consumo, e specificamente dagli artt. 21, 22 e 23. Pertanto, la disciplina regolamentare settoriale non concerne la fattispecie oggetto del presente procedimento e l’adempimento a questa disciplina non fa quindi venire meno né esaurisce gli obblighi sanciti dalla normativa generale in materia di tutela del consumatore.”;
– quanto all’idoneità del messaggio a pregiudicare il comportamento economico dei consumatori, ai sensi del Codice del Consumo, l’Autorità ricorda che la nozione di “pregiudizio economico dei consumatori” è del tutto svincolata dalla presenza di un danno valutabile in termini monetari e non coincide con la nozione civilistica di danno patrimoniale, economicamente valutabile e qualificabile. In altre parole, “la ratio dell’articolo 20 del Codice del Consumo è quella di proteggere non già l’integrità del patrimonio del consumatore, bensì la sua libertà di autodeterminarsi, di scegliere con ‘cognizione di causa’, ovvero di prendere decisioni ‘informate’ e determinare la sua volontà negoziale o prenegoziale senza dover subire alcun tipo di influenza esterna, anche indiretta a causa del carattere decettivo del messaggio pubblicitario”.
Con particolare riguardo alla posizione di MPE ha evidenziato che i messaggi volti a promuovere l’offerta “ECO Emmepie SICURA XL Famiglia”, diffusi sul sito internet della società, “risultano essere confusori ed omissivi. Il claim ‘prezzo bloccato dell’energia elettrica per 12 mesi’ risulta, infatti, non veritiero, essendo fissa solo una delle componenti di costo e non l’intero prezzo finale che il consumatore dovrà corrispondere. Peraltro, si evidenzia che il claim non viene specificato neppure attraverso un rimando in nota, non offrendo, dunque, al consumatore alcun dettaglio informativo di immediata percezione per comprendere le reali caratteristiche dell’offerta e cosa si debba intendere per costo fisso.”
2.1. È utile anche, sintetizzare il quadro normativo e regolamentare di riferimento.
Come noto, infatti, la normativa, di derivazione europea, posta a tutela del consumatore e della concorrenza si è, di recente, arricchita per effetto della Direttiva n. 2005/29/CE, relativa alle “Pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno”, alla quale, il legislatore nazionale ha provveduto a dare attuazione adottando, nell’agosto del 2007, due distinti decreti legislativi (nn. 145 e 146), rispettivamente destinati ai rapporti tra professionisti ed alle pratiche intraprese da questi ultimi con i consumatori.
Il d.lgs. n. 146/2007 è intervenuto direttamente sul Codice del Consumo, sostituendo gli artt. 18-27 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 ed introducendo una generale normativa sulle “pratiche commerciali scorrette”.
Il Codice del Consumo abbandona il precedente, specifico riferimento alla sola pubblicità ingannevole e comparativa per abbracciare una disciplina di portata più ampia, riferibile, sotto il profilo oggettivo, ad ogni azione, omissione, condotta, dichiarazione e comunicazione commerciale, “ivi compresa la pubblicità”, posta in essere da un professionista “prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa ad un prodotto” (artt. 18 e 19 del Codice), così notevolmente allargando il campo delle condotte sanzionabili.
Quanto, invece, all’ambito di applicazione soggettivo, le pratiche commerciali rilevanti ai fini della normativa in esame sono solo quelle poste in essere tra professionisti e consumatori: rimangono, pertanto, escluse quelle condotte connesse ad un rapporto tra soli professionisti, cui, viceversa, fa precipuo riferimento il parallelo d.lgs. n. 145/2007 sulla pubblicità ingannevole e comparativa.
Il recepimento nell’ordinamento interno della direttiva comunitaria 2005/29/CE, ha indubbiamente rafforzato il ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella tutela amministrativa del consumatore, rendendola ben più incisiva e ampia di quella prevista in precedenza e limitata alla repressione della pubblicità ingannevole e comparativa.
Per tale ragione, del resto, il d.lgs. n. 146/2007, ha, contestualmente, ampliato i poteri dell’Autorità, allineandoli a quelli tipici dell’azione amministrativa a tutela della concorrenza e rendendo altresì più severe le misure sanzionatorie.
Particolarmente delicato appare, ed ancora privo di un sufficiente approfondimento dottrinale e giurisprudenziale, il tema del rapporto tra l’eventuale regolamentazione adottata dalle Autorità di settore e il parametro di diligenza imposto dal Codice ai professionisti.
Nella fattispecie oggi in rilievo, le società coinvolte nel procedimento (ivi compresa l’odierna ricorrente), hanno ad esempio affermato che alcun addebito può essere loro mosso in quanto risultano essersi pienamente attenute agli obblighi informativi definiti dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas.
A parere del Collegio, anche il procedimento in esame, analogamente a quelli che hanno formato oggetto di recentissime pronunce della Sezione (cfr.le sentenze nn. 5625, 5627, 5628 e 5629 del 15 giugno 2009, nonché n. 6446 del luglio 2009), è un esempio di come il nuovo quadro di tutela offerto dal Codice del Consumo venga ad aggiungersi, da un lato, ai normali strumenti di tutela contrattuale, dall’altro, a quelli derivanti dall’esistenza di specifiche discipline in settori oggetto di regolazione (cfr., al riguardo, l’art. 19 del Codice, ed in particolare il comma 3, secondo cui solo “in caso di contrasto le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici”).
Le norme in materia di contrasto alle pratiche commerciali sleali richiedono ai “professionisti” l’adozione di modelli di comportamento in parte desumibili da siffatte norme, ove esistenti, in parte dall’esperienza propria del settore di attività, nonché dalla finalità di tutela perseguita dal Codice, purché, ovviamente, siffatte condotte siano loro concretamente esigibili in un quadro di bilanciamento, secondo il principio di proporzionalità, tra l’esigenza di libera circolazione delle merci e il diritto del consumatore a determinarsi consapevolmente in un mercato concorrenziale (in tal senso, opera soprattutto il modello, di derivazione comunitaria, del c.d. consumatore medio).
Nel caso in esame, peraltro, reputa il Collegio che siffatte regole di “esperienza” potessero essere agevolmente desunte dalla consolidata prassi dell’Autorità, e dall’ampia casistica giurisprudenziale, formatasi in materia di pubblicità ingannevole.
Il quadro regolamentare qui rilevante è invece caratterizzato dalla c.d. scheda riepilogativa dei corrispettivi per la vendita di energia elettrica nonché dalla nota informativa per la vendita di gas ai clienti finali (articolo 11, comma 1, lett. c), del Codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica ai clienti idonei, di cui alla deliberazione dell’AEEG n. 105/06), ed approvata con delibera n. 110/07 che ne disponeva inoltre l’obbligo di consegna ai clienti del servizio di vendita di energia elettrica a partire dal 1° luglio 2007, nonché dall’art. 12 del Codice di condotta commerciale per la vendita di gas ai clienti finali, di cui alla delibera dell’AEEG n. 126/04 come modificata dalle delibere n. 105/06 e Arg. 34/08.
2.2. È, indispensabile, infine, riportare il contenuto delle norme del Codice del Consumo applicabili alla fattispecie.
L’art. 18 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (come modificato dal D.Lgs. 2 agosto 2007 n. 146) precisa che, per le finalità considerate dal Titolo III (Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali), si intende per:
– “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;
– “prodotto”: qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;
– “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori”: qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;
– “falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori”: l’impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Il successivo art. 19 puntualizza, poi, che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto.
Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che “una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”; mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali:
– ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23
– aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.
In particolare, secondo l’art. 21, comma 1, “È considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso: […] d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo […]”.
Infine, ai sensi dell’art. 22, comma 1, “è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.
Precisa il comma 4 della medesima disposizione che “Nel caso di un invito all’acquisto sono considerate rilevanti, ai sensi del comma 1, le informazioni seguenti, qualora non risultino già evidenti dal contesto:[…] c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l’indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore”.
3. Così delineato il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, non condivisibili si appalesano, in primo luogo, le censure relative ad un preteso travisamento nel quale sarebbe incorsa l’Autorità per non avere adeguatamente considerato che la società ricorrente non ha, volutamente, indicato uno specifico prezzo, bensì solo una caratteristica dell’offerta. Secondo la ricorrente, quest’ultima si sarebbe limitata inoltre ad esaminare il claim principale, senza operare una valutazione congiunta con le ulteriori informazioni accessibili attraverso la consultazione del link che rinviava alle condizioni economiche dell’offerta, e, con esse, alla scheda di confrontabilità predisposta secondo le prescrizioni dell’AEEG.
3.1.1. Osserva il Collegio che, effettivamente, costituisce ormai consolidato orientamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, quello secondo cui le affermazioni riportate in una pagina web vadano decodificate con riferimento al contenuto dell’intero sito, salvaguardando, dunque, la tendenziale unicità del messaggio.
L’Autorità ha però contemporaneamente osservato che le informazioni di fondamentale importanza per i consumatori, ai fini della valutazione della convenienza dell’offerta, debbano comunque essere rese loro disponibili fin dal primo contatto pubblicitario (cfr., ad esempio, i procedimenti PI3527 Tirrenia Tariffe Ponte del 13.12.2001 e PI 3268 Poste Italiane – Posta Celere del 31.5.2001; analoghi principi, del resto, si ricavano anche dalla complessiva lettura dei precedenti invocati dalla ricorrente).
Vale a dire che sebbene, in linea di principio, l’elaborazione di pagine web si presti, più agevolmente rispetto ad altri mezzi di comunicazione, ad un’informazione completa ed esauriente, l’analisi della correttezza della comunicazione commerciale va, anche in tali ipotesi, effettuata caso per caso, attraverso un’attenta analisi della struttura del sito, non potendosi escludere che, accanto a consumatori particolarmente smaliziati, in grado di accedere ad ogni informazione ivi presente, ve ne siano altri che, invece, si fermeranno al primo livello, senza volere, o sapere, effettuare ulteriori approfondimenti.
Appare emblematico, al riguardo, il caso in esame, in cui non solo la pagina iniziale reca un’indicazione di per sé fuorviante, atteso il generico riferimento all’esistenza di offerte “senza sorprese”, finalizzate a “bloccare” il prezzo dell’energia elettrica consumata, ma la consultazione del link ipertestuale che rinvia alla c.d. “scheda di confrontabilità” appare meramente eventuale. Essa, inoltre, a parere del Collegio, è comunque inidonea a depotenziare l’autonoma valenza decettiva del claim principale il quale, facendo generico riferimento all’esistenza di offerte a prezzo fisso, è di per sé fonte di confusione per il consumatore, anche nell’ipotesi in cui questi disponga della pazienza, e della competenza, necessarie a completare il percorso di navigazione proposto.
Tale omissione informativa fa, in definitiva, aggio su qualsivoglia chiarimento circa la reale consistenza dell’offerta, ancorché resa accessibile attraverso la consultazione, più o meno articolata, di link ipertestuali.
Al riguardo, è consolidato orientamento della Sezione, già formatosi in tema di pubblicità ingannevole, quello secondo cui il legislatore ha inteso salvaguardare la libertà di autodeterminazione del consumatore sin dal primo contatto pubblicitario, imponendo dunque al professionista un particolare onere di chiarezza nella propria comunicazione di impresa.
L’ingannevolezza del messaggio non è pertanto esclusa dalla possibilità che il consumatore sia posto in condizione, prima della stipula del contratto, di conoscere in dettaglio tutti gli aspetti che lo caratterizzano, in quanto la verifica condotta dall’Autorità riguarda il messaggio pubblicitario in sé, e, pertanto, la sua idoneità a condizionare le scelte dei consumatori, indipendentemente dalle informazioni che l’operatore renda disponibili a “contatto” già avvenuto, e quindi, ad effetto promozionale ormai prodotto.
Relativamente, poi, alla tecnica del rinvio ad un link ipertestuale, la stessa, a parere del Collegio, risulta idonea ad escludere la decettività del messaggio solo ove risultino chiaramente percepibili, sin dalla prima pagina del sito web (o, comunque, sin dal primo livello di navigazione) le caratteristiche essenziali dell’offerta.
Nel caso di specie, andava dunque precisata non solo l’esistenza di una componente variabile della spesa destinata a gravare sul consumatore finale, ma anche, sia pure approssimativamente, l’incidenza percentuale di tale componente sul prezzo complessivo.
Al riguardo, è consolidato, e risalente, orientamento della Sezione quello secondo cui, “se, in linea di massima, è l’omissione di alcuno degli elementi da cui dipende il prezzo del servizio pubblicizzato che può indurre in errore il consumatore e rendere ingannevole il messaggio con riguardo a tale profilo, anche le sole modalità di presentazione del prezzo possono sortire tale effetto e quindi porsi in contrasto con l’ampia previsione della norma richiamata, in particolare quando il messaggio pubblicitario enfatizza non il prezzo finale ed effettivo, ma un prezzo base a cui si aggiungono ulteriori costi ed oneri, e il prezzo finale ed effettivo non risulta di chiara e immediata percezione da parte del consumatore, per la macchinosità del calcolo o per la non agevole percezione delle relative informazioni.
È infatti noto che gli slogan pubblicitari vengono letti velocemente, e che, sulla base di tale comune nozione di psicologia, i pubblicitari modellano le proprie strategie di comunicazione.
Inoltre, non è l’articolazione del prezzo o della tariffa, che è connaturata alla natura del bene o del servizio offerto e che obbedisce ad una autonoma scelta imprenditoriale, a rendere ingannevole il messaggio pubblicitario, ma la scelta di enfatizzare un prezzo base che non corrisponde al prezzo finale ed effettivo, e che può indurre in errore il consumatore quando non si accompagni a modalità di presentazione del messaggio complessivo che consentano una precisa e immediata percezione del prezzo finale ed effettivo” (così TAR Lazio, I, 16 gennaio 2008, n. 276; id., 16 gennaio 2008, n. 277; id., 21 gennaio 2002, n. 633).
Appare, quindi, ragionevole e conforme anche alle attuali disposizioni in materia di pratiche commerciali sleali, la determinazione dell’Autorità di ritenere ingannevoli messaggi pubblicitari quando il prezzo finale ed effettivo del servizio non sia quello enfatizzato nel claim principale, ma a tale prezzo si debbano aggiungere – in base ad indicazioni non contestuali e prive della stessa enfasi – oneri ulteriori, dei quali non venga indicata, neppure approssimativamente, l’incidenza sulla spesa complessiva.
L’Autorità spiega anche, nel corpo del provvedimento in esame, che il “meccanismo psicologico che sottostà a questa tutt’altro che casuale tecnica di comunicazione [scilicet: quella usata nell’elaborazione dei messaggi oggetto del procedimento] è, del resto, ben noto agli studiosi di marketing pubblicitario: la prima informazione si impone subito all’attenzione del lettore e va a rappresentare il principale elemento per la formazione della decisione di acquisto, che nessuna integrazione successiva dovrà inficiare. Ciò funziona, soprattutto quando la prima informazione consiste nella presentazione di un prezzo “d’impatto” in assoluto conveniente rispetto alle aspettative del cliente, al quale viene poi scaricato l’onere di calcolarsi il costo complessivo. Ciò spiega il ricorso a tale tecnica da parte di tutti gli operatori di un settore: la finalità, soprattutto quando si tratta di imprese già consolidate, non è tanto la prevalenza sui concorrenti, quanto la persuasione ad utilizzare con maggiore ampiezza un servizio generalmente avvertito come costoso”.
L’Autorità soggiunge che, nei mercati delle vendita di energia elettrica e di gas, la concorrenza degli operatori si svolge principalmente intorno alla variabile prezzo. Di qui la centralità, nella comunicazione pubblicitaria, dell’offerta economica, con la conseguenza che qualunque omissione informativa o inesattezza nella percezione della convenienza economica dell’offerta, assume una rilevanza particolarmente significativa.
Nel caso di specie, se è vero che MPE non ha indicato, nel claim principale, alcun importo preciso o prezzo “d’impatto”, non per questo la strategia comunicativa prescelta dalla società si sottrae alla valutazione di ingannevolezza giacché essa non si è limitata a proporre “l’invarianza del prezzo della componente del costo dell’energia”, come evidenziato in ricorso bensì ha lanciato una generica offerta finalizzata a “bloccare” il prezzo dell’energia elettrica, senza chiarire che quest’ultimo rappresenta comunque solo una parte del costo finale, sul quale sono destinati ad incidere anche (per il 35% circa nel mercato dell’energia elettrica, e per il 60% circa nel mercato del gas), imposte, oneri generali di sistema, costi di rete e di misura.
A ben vedere, inoltre, l’Autorità non ha preteso dalle imprese la precisa quantificazione di tali componenti di prezzo, non esattamente determinabili ex ante in quanto legate alle decisioni dell’Autorità di regolazione, bensì ha sottolineato la necessità che nei messaggi venga specificato, in maniera semplice, contestuale e con adeguata evidenza grafica, che il prezzo pubblicizzato non include detti oneri aggiuntivi, nonché la loro incidenza percentuale.
Quanto poi all’argomentazione secondo cui il comportamento economico del consumatore potrebbe essere influenzato solo dalla componente variabile del costo dell’energia, è agevole rilevare che su tale elemento si gioca la concorrenza tra le imprese ma che la spesa complessiva affrontata dal consumatore è comunque comprensiva anche degli oneri aggiuntivi, con la conseguenza che egli, al fine di adottare una decisione consapevole, deve essere posto in grado di percepire in quale misura gli stessi incidano sulla reale convenienza economica dell’offerta.
3.2. Neppure condivisibile appare il rilievo secondo cui l’assolvimento degli obblighi di informazione e trasparenza nei confronti del consumatore, stabiliti dalla competente Autorità di Settore – in particolare, la messa a disposizione dei consumatori della scheda riepilogativa sul costo annuo del servizio – escluda di per sé l’esistenza di una pratica scorretta.
Al riguardo, AGCM ha osservato che gli obblighi informativi definiti dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas sono finalizzati esclusivamente a garantire al consumatore la completezza delle informazioni al momento della sottoscrizione del contratto, ma non nella fase antecedente, rispetto alla conclusione del contratto stesso, costituita del contatto con il consumatore attraverso il messaggio pubblicitario relativo all’offerta commerciale, contatto che è invece oggetto della tutela del consumatore disciplinata dal Codice del Consumo, e specificamente dagli artt. 21, 22 e 23.
Pertanto, conclude l’Autorità “la disciplina regolamentare settoriale non concerne la fattispecie oggetto del presente procedimento e l’adempimento a questa disciplina non fa quindi venire meno né esaurisce gli obblighi sanciti dalla normativa generale in materia di tutela del consumatore”.
Relativamente ai rapporti tra disciplina di settore e Codice del Consumo, la difesa erariale ha poi richiamato il parere n. 3999/2008 della I^ Sezione del Consiglio di Stato, dal quale, conformemente alle conclusioni raggiunte dall’Autorità nel caso in esame, si ricava che l’operare del c.d. “principio di specialità”, di cui al cit. art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 206/2005, opera solo laddove esista “una compiuta e organica disciplina della materia […]. Il che induce ad una più attenta considerazione, da sviluppare di volta in volta, qualora, come avviene altrove, il settore che può apparire speciale si limiti a regolare soltanto alcuni aspetti dell’attività circa la quale vi è bisogno di intervento”.
Nel settore della vendita dell’energia elettrica e del gas, gli obblighi informativi disciplinati dall’AEEG riguardano, in definitiva, una fase non solo eventuale del rapporto tra consumatore e professionista, ma, comunque, successiva a quella di aggancio del consumatore medesimo attraverso il claim pubblicitario.
Ciè è particolarmente evidente nella fattispecie qui in rilievo, in cui la conoscibilità della scheda di confrontabilità è resa possibile al consumatore solo ove questi si determini ad accedere al link “Scarica le condizioni dell’offerta”, o comunque a contattare l’azienda per ricevere la documentazione contrattuale.
3.3. Relativamente allo scarso successo dell’iniziativa promozionale diffusa e quindi alla pretesa insussistenza di un apprezzabile distorsione del comportamento dei consumatori e del mercato, tale da escludere, secondo la ricorrente, la stessa configurabilità della pratica sleale, è sufficiente rinviare a quanto già diffusamente argomentato dalla Sezione circa la struttura dell’illecito consumeristico in esame.
L’illiceità della condotta, al fine di assumere rilevanza ai sensi delle più volte riportate disposizioni del Codice del Consumo, “non deve dimostrare una concreta attuazione pregiudizievole (per le ragioni dei consumatori), quanto, piuttosto, una potenzialità lesiva (per le scelte che questi ultimi, altrimenti, sono legittimati a porre in essere fuori da condizionamenti e/o orientamenti decettivi) che consente di ascrivere la condotta nel quadro dell’illecito (non già di danno) ma di mero pericolo” in quanto intrinsecamente idonea a condurre alle conseguenze che la disciplina di legge ha inteso, invece, scongiurare (sentenza n. 3722 dell’8 aprile 2009).
Gli effetti della condotta, si pongono, in definitiva, al di fuori della struttura dell’illecito, atteso che la normativa in materia non ha la mera funzione di assicurare una reazione alle lesioni arrecate dalle pratiche scorrette agli interessi patrimoniali del consumatore, ma si colloca su un più avanzato fronte di prevenzione, essendo tesa ad evitare effetti dannosi anche soltanto ipotetici.
Le norme che tutelano il consumatore dagli effetti delle pratiche commerciali scorrette e/o aggressive sono dunque naturalmente preordinate a prevenire le distorsioni della concorrenza anche in una fase ampiamente prodromica a quella negoziale.
Gli effetti della condotta possono, semmai, assumere significatività quale elemento aggravante, laddove il comportamento ascrivibile all’operatore abbia avuto diffuse ricadute pregiudizievoli nell’ambito dei consumatori: da tale circostanza essendo con ogni evidenza dato desumere la grave inadeguatezza del comportamento posto in essere da quest’ultimo a fronte del paradigma di diligenza cha la normativa di riferimento ha posto quale essenziale referente di valutabilità della condotta.
4. Un distinto ordine di censure è poi dedicato alla decisione di rigetto degli impegni proposti dalla società.
Come noto, ai sensi ai sensi dell’art. 27, comma 7, del Codice del Consumo, come modificato dal d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146, “Ad eccezione dei casi di manifesta scorrettezza e gravità della pratica commerciale, l’Autorità può ottenere dal professionista responsabile l’assunzione dell’impegno di porre fine all’infrazione, cessando la diffusione della stessa o modificandola in modo da eliminare i profili di illegittimità. L’Autorità può disporre la pubblicazione della dichiarazione dell’impegno in questione a cura e spese del professionista. In tali ipotesi, l’Autorità, valutata l’idoneità di tali impegni, può renderli obbligatori per il professionista e definire il procedimento senza procedere all’accertamento dell’infrazione.”.
L’istituto appare modellato su quello della c.d. “decisione con impegni”, introdotto, nell’ambito della tutela della concorrenza, dall’art. 9 del Regolamento CE n. 1/2003, e, analogamente a quest’ultimo, comporta una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell’Autorità, tenuto conto del fatto che l’accettazione degli impegni non produce quell’effetto di chiarimento della regola giuridica che deriva, invece, dalle decisioni di infrazione.
Anche in materia di pratiche commerciali scorrette, l’Autorità è quindi chiamata a valutare non solo l’idoneità delle misure correttive proposte ma anche, come avvenuto nel caso di specie, la sussistenza di un rilevante “interesse pubblico all’accertamento dell’eventuale infrazione”.
Deve dunque convenirsi con la difesa erariale che, in taluni casi, la peculiarità e complessità del caso concreto, ovvero la necessità di stabilire dei principi con riguardo ad una fattispecie inedita, o ad un mutato assetto di mercato, ovvero ancora, l’interesse dell’amministrazione ad irrogare un’ammenda, attesa la funzione deterrente e di monito per gli operatori rivestita da quest’ultima, ben possa giustificare il rigetto degli impegni presentati, e la conseguente necessità di accertare, concludendo il procedimento ordinario, l’avvenuta infrazione.
Nel caso di specie, l’Autorità ha rappresento agli operatori “la necessità di verificare nell’ambito di un approfondimento istruttorio, l’esattezza e la completezza delle comunicazioni commerciali, suscettibili di interessare un ampio numero di utenti, anche alla luce della solo recente liberalizzazione della vendita di energia elettrica e gas ai consumatori”.
Al riguardo, la ricorrente non ha però svolto alcuna censura, essendosi limitata a stigmatizzare quella parte della motivazione in cui l’Autorità ha ritenuto gli impegni inidonei a rimuovere i rilevati profili di decettività dei messaggi, soprattutto con riguardo alla circostanza che “la complessità delle informazioni, ovvero il linguaggio eccessivamente tecnico, che la società intenderebbe adottare, renderebbe ancora più difficoltoso per il consumatore la comprensione del messaggio, ed, in particolare, del prezzo finale effettivamente applicato”.
Per quanto possa occorrere, rileva il Collegio che siffatto apprezzamento non si rivela manifestamente criticabile nel merito, ove si consideri che la nota esplicativa proposta da MPE, senza richiamare alcun preciso importo – o, quantomeno, il peso relativo delle diverse componenti di prezzo – risulta del seguente tenore “Oltre al prezzo base di MPE Energia saranno applicati in modo trasparente i costi, previsti dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, per consegnare l’energia (tra cui le dispersioni delle reti elettriche, dette “perdite di rete”) e per misurare i consumi, gli oneri generali di sistema previsti per legge (lo sviluppo delle fonti rinnovabili, la ricerca, lo smantellamento delle centrali nucleari etcc.) e le imposte, come previsto dall’art. 7 delle Condizioni generali di contratto”.
5. È necessario a questo punto esaminare le restanti argomentazioni svolte dalla società, in ordine alla quantificazione della sanzione pecuniaria. L’Autorità ha in primo luogo messo in luce che la liberalizzazione “ha comportato l’ingresso sul mercato di numerosi nuovi operatori che, come anche gli incumbents, hanno cercato di guadagnare rapidamente quote di mercato investendo particolarmente in massicce campagne di comunicazione. Questa fase iniziale di presentazione di offerte sul mercato da parte dei diversi operatori ha reso, da una parte, il consumatore maggiormente bisognoso di chiarimenti e di informazioni, specie per quanto riguarda le reali condizioni economiche del servizio; e dall’altra impone all’operatore pubblicitario un onere informativo particolarmente stringente e rigoroso”. Secondo l’Autorità, nel settore dell’energia, “la posizione di asimmetria informativa in cui versa il consumatore medio rispetto all’operatore si può ritenere, dunque, particolarmente accentuata. Il consumatore è, infatti, certamente meno avvezzo a confronti di prezzo del costo dell’energia e, soprattutto, ad operazioni di calcolo del prezzo complessivo del servizio; si consideri che fino al luglio 2007, non si parlava di prezzo, bensì di tariffa che l’utente corrispondeva al monopolista, ovvero all’unico soggetto operante sul mercato”.
Relativamente alla capacità di penetrazione del messaggio, ha sottolineato il fatto che “i messaggi sono stati diffusi, da tutte le società, almeno via Internet, e dunque hanno raggiunto potenzialmente un numero estremamente ampio di destinatari tra cui semplici utenti in cerca di un’offerta vantaggiosa”.
A tale proposito ha altresì evidenziato che la gravità della violazione va parametrata alla capacità di penetrazione del messaggio e non alla sua effettiva penetrazione (ad esempio numero di contratti che sono stati stipulati), nonché alla sua potenzialità decettiva, indipendentemente dal numero di consumatori effettivamente tratti in inganno.
Con particolare riguardo alla posizione di MPE, l’Autorità ha preso in considerazione, in primo luogo, la dimensione economica dell’impresa “che rappresenta uno dei principali operatori nel settore dell’energia elettrica a livello locale, ed in crescita su tutto il territorio nazionale.”
Relativamente all’ampiezza della pratica, è stato altresì dato adeguato rilievo alla circostanza che la società ha promosso le proprie offerte esclusivamente sul proprio sito internet.
Secondo l’Autorità, inoltre, il consumatore poteva aderire all’offerta anche mediante sottoscrizione online.
Dovendosi, peraltro, tenere conto anche “dell’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione” ha formato oggetto di particolare considerazione la circostanza che la società si sia adoperata per modificare e sospendere i messaggi pubblicitari nel corso del procedimento.
In concreto è stata irrogata alla società una sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 100.000.
5.1. MPE lamenta, in primo luogo, una pretesa disparità di trattamento rispetto ad imprese, di ben più ampie dimensioni, operanti nel settore in esame, quali Enel ed Eni.
Il Collegio osserva però che non è possibile operare un raffronto con gli importi comminati ad altri operatori commerciali, essendo noto che l’ammissibilità di una siffatta censura postula, anzitutto, l’assoluta identità delle situazioni poste a raffronto.
Nel caso di specie, accanto alla dimensione economica delle imprese, hanno formato oggetto di valutazione e di bilanciamento gli ulteriori parametri indicati dall’art. 11 della l.n. 689 del 1981 (al quale rimanda l’art. 27, comma 13 del Codice del Consumo), dei quali la ricorrente non ha punto dimostrato la non pertinente applicazione da parte dell’Autorità.
Relativamente al preteso, limitato impatto della pratica, desunto dall’esiguo numero di contratti stipulati, va sottolineato che la gravità della violazione è stata ravvisata dall’Autorità principalmente nelle omissioni informative riguardo alle condizioni economiche dei servizi offerti, in un settore, come quello in esame, in cui, in relazione al recente processo di liberalizzazione, “la posizione di asimmetria informativa in cui versa il consumatore medio rispetto all’operatore si può ritenere [..] particolarmente accentuata”.
È dunque evidente che la circostanza rilevata dalla società ha formato oggetto di bilanciamento – come consentito dal cit. art. 11 della l. n. 689/81 – rispetto ai restanti indici di gravità della condotta, risultanti dagli elementi sopra posti in evidenza, secondo un ragionamento che, a parere del Collegio, si presente esente da vizi logici, soprattutto ove si consideri che, secondo l’orientamento formatosi in materia di pubblicità ingannevole, non è necessario procedere ad un accertamento del pregiudizio economico subito dal consumatore.
Come sopra più diffusamente argomentato, la normativa in materia non esaurisce infatti la sua funzione nel garantire una reazione alle lesioni arrecate agli interessi patrimoniali dei consumatori, ma è essenzialmente finalizzata a preservarne la libertà di autodeterminazione.
Quanto, infine, alla circostanza, contestata dalla ricorrente, secondo cui, contrariamente a quanto ritenuto dall’Autorità, non fosse possibile sottoscrivere le offerte direttamente on – line, osserva il Collegio che, perlomeno dalla schermata web versata in atti dalla difesa erariale, risulta, come sopra accennato, l’esistenza, all’epoca di rilevazione dei messaggi, non solo di un link attraverso il quale era possibile scaricare la documentazione contrattuale, ma anche di altro link denominato “aderisci all’offerta”.
Per quanto occorrer possa, ancora oggi, nel sito della società, viene pubblicizzata la possibilità di aderire direttamente on – line alle offerte proposte.
6. Per tutto quanto appena argomentato, il ricorso non si appalesa suscettibile di accoglimento.
Sembra equo, peraltro, compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2009 con l’intervento dei Magistrati:
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
Maria Laura Maddalena, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 8 SETTEMBRE 2009.