compact discDRM ed equo compenso: un rapporto complicato che può sfavorire il legittimo utilizzatore (che paga per l’equo compenso e deve anche subire le restrizioni dei sistemi di DRM). I sistemi di “Digital Rights Management” (DRM), in linea generale, consentono ai titolari di diritti d’autore di distribuire contenuti digitali di qualsiasi tipo in maniera sicura attraverso tecnologie informatiche per impedirne eventuali utilizzi illeciti. Ma l’utilizzo dei sistemi di DRM può vanificare il prezzo pagato a titolo di equo compenso.

1. La liceità dei sistemi di DRM

Di norma essi vengono adoperati soprattutto nel settore dell’intrattenimento, per cui su molti cd audio o film su dvd sono presenti simili sistemi, spesso superabili grazie ad appositi software (da ultimo è stata “battuta” anche la protezione BD+).
Ovviamente, la liceità di un sistema di DRM deve essere valutata alla luce del quadro giuridico, che in Italia trova il riferimento principale nella legge sul diritto d’autore (l. 633/41). Essa è stata fortemente modificata negli anni, sia per iniziativa autonoma del legislatore italiano che per recepire norme extranazionali. Il risultato è una normativa confusa, che pone numerosi problemi interpretativi, come nel caso dei DRM, nel cui ambito oltretutto si registra un notevole squilibrio a favore dei titolari dei diritti d’autore. Purtroppo, però, anche se una legge è inadeguata o fatta male, deve essere rispettata da tutti: giudici e avvocati possono solo interpretarla, ma non stravolgerla ed adattarla alle esigenze reali della società. Questo compito spetta al legislatore.
Ciò premesso, la tematica dei DRM è, intuitivamente, molto complessa anche dal punto di vista giuridico e qui si può solo fornire un quadro molto generale: per approfondimenti è possibile consultare numerosi testi in materia.

2. DRM, diritti dei titolari dei diritti d’autore e sanzioni penali e amministrative

La legge italiana permette ai titolari di diritti d’autore e di diritti connessi di apporre sulle opere dell’ingegno (brani musicali, film, software, ecc.) misure tecnologiche di protezione efficaci. Esse consistono in tecnologie, dispositivi o componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti non autorizzati dal titolare dei diritti.
Le “misure tecnologiche di protezione” devono essere rimosse da chi le ha apposte solo in particolari casi stabiliti dalla legge (ad es. “per fini di sicurezza pubblica o per assicurare il corretto svolgimento di un procedimento amministrativo, parlamentare o giudiziario”).
Come è noto, però, molto spesso i sistemi di DRM vengono elusi e la legge prevede addirittura sanzioni penali, come nel caso degli artt. 171-bis (che si applica solo nei casi in cui l’opera dell’ingegno è un “programma per elaboratore”) e 171-ter l. 633/41.
Ai sensi del primo, è punito (reclusione e multa) chiunque, per trarne profitto, abusivamente importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi o qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un software.
L’art. 171-ter l. 633/41, poi, punisce penalmente (reclusione e multa) chiunque – per uso non personale e a fini di lucro – fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti oppure presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l’uso commerciale di eludere le misure tecnologiche di protezione; lo stesso accade se le attrezzature, i prodotti o i componenti sono stati principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati per rendere possibile o facilitare l’elusione delle stesse misure. Fra l’altro, lo stesso articolo punisce penalmente anche chi abusivamente rimuove o altera le informazioni elettroniche poste sulle opere dell’ingegno. Tali informazioni identificano l’opera protetta e l’autore (o qualsiasi altro titolare dei diritti).
Si consideri, poi, che l’art. 174-ter l. 633/41 punisce con la sanzione amministrativa di 154 € (oltre la confisca e la pubblicazione del provvedimento) chiunque acquista o noleggia attrezzature, prodotti o componenti atti ad eludere misure di protezione tecnologiche.

3. Equo compenso, DRM e diritti degli utenti

La presenza di sistemi di DRM, secondo la legge, non può impedire al legittimo possessore di un’opera dell’ingegno di effettuarne una copia privata (anche solo analogica) per uso personale. Pertanto, i titolari dei diritti d’autore devono far sì che ciò sia possibile (art. 71-sexies, co. 4, l. 633/41). Per “indennizzare” i titolari dei diritti d’autore dall’esercizio di tale facoltà, la legge prevede il c.d. “equo compenso”. Esso consiste in una somma imposta sul prezzo di apparecchiature idonee a registrare contenuti audio o video (masterizzatori, videoregistratori, audioregistratori, periferiche di memorizzazione come schede di memoria, ecc.) e sui relativi supporti vergini. Questo compenso viene “riscosso” dalla S.I.A.E., che poi lo distribuisce ai titolari dei diritti d’autore.
Nel caso del software, la legge stabilisce che il legittimo utilizzatore di un programma può effettuarne una copia di riserva, qualora tale copia sia necessaria per l’uso (art. 64-ter, co. 2, l. 633/41).
In realtà, appare strano che chiunque utilizzi un masterizzatore, un videoregistratore od una fotocamera digitale debba “indennizzare” altri soggetti: si verifica l’assurdità di dover pagare ad altri una somma relativa ai propri diritti d’autore (ad es., quelli relativi alle proprie fotografie!). Solo alcune categorie possono ottenere il rimborso del compenso: ad es., imprese e pubbliche amministrazioni, ma non i consumatori.
Oltretutto, quando i supporti e le apparecchiature vengono utilizzati per creare una copia analogica di un supporto digitale si paga più volte (periferiche e supporti) l’equo compenso per avere una “brutta copia” del bene legittimamente acquistato!

4. Conclusioni su DRM ed equo compenso

La coesistenza di equo compenso e di sistemi di DRM è inaccettabile dal punto di vista giuridico, perché la presenza dell’equo compenso dovrebbe rendere illeciti tali sistemi: di fatto si costringe un soggetto a pagare sempre e comunque senza mai avere una contropartita adeguata (ad es., per avere una copia su audiocassetta di un cd audio legittimamente acquistato)… o senza averla affatto (quando non è possibile effettuare la copia)!
Il problema principale è che l’impianto normativo italiano è chiaramente vecchio ed inadeguato, come del resto sostenuto da gran parte dei giuristi italiani. Ancor più grave è, però, il fatto che la l. 633/41 sia squilibrata nel tutelare i titolari dei diritti d’autore a scapito dei legittimi possessori; non sembra che nel prossimo futuro sarà possibile registrare un’inversione di tendenza (basti pensare alla già celebre direttiva IPRED2). Come si è detto, nella fase di applicazione del diritto c’è poco da fare: bisogna fare i conti con la legge scritta e, dunque, gli utenti hanno a disposizione pochi mezzi giuridici per contrastare le pretese delle loro “controparti”.
Tuttavia, le recenti prese di posizione verso un’abolizione dei sistemi di DRM potrebbero portare ad una progressiva diminuzione “di fatto” dei sistemi di DRM. O almeno così si spera!

Nota: articolo già pubblicato, con modificazioni, su “Tom’s Hardware Guide Italia”.

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