modifica console wii ds ps3 xbox 360Modifica delle console: è reato? Questa domanda è molto comune, poiché la modifica delle console, hardware e/o software, consente l’avvio di software homebrew e copie di backup, oltre che di videogiochi pirata. Oggi è possibile modificare tutte le console presenti sul mercato: PS3, Wii, Xbox 360, Nintendo DS. Le case produttrici, però, continuano la loro lotta  sotto due profili: uno è squisitamente informatico, l’altro è, invece, legale. In questo articolo analizzeremo l’impatto della sentenza n. 23765/2010 della Corte di Cassazione sulla legittimità delle modifiche hardware delle console.

Modifica console – la normativa applicabile

Nel caso di specie, prima di soffermarci sulla sentenza n. 23765/2010 della Suprema Corte, è doveroso citare i seguenti articoli della legge sul diritto d’autore (l. 633/41):

1) art. 171, comma 1: “È punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 15.493, chiunque a fini di lucro: […] f-bis) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l’uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all’art. 102-quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l’elusione di predette misure. Fra le misure tecnologiche sono comprese quelle applicate, o che residuano, a seguito della rimozione delle misure medesime conseguentemente a iniziativa volontaria dei titolari dei diritti o ad accordi tra questi ultimi e i beneficiari di eccezioni, ovvero a seguito di esecuzione di provvedimenti dell’autorità amministrativa o giurisdizionale”;

2) art. 102-quater: “1. I titolari di diritti d’autore e di diritti connessi nonché del diritto di cui all’art. 102-bis, comma 3, possono apporre sulle opere o sui materiali protetti misure tecnologiche di protezione efficaci che comprendono tutte le tecnologie, i dispositivi o i componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti non autorizzati dai titolari dei diritti.

2. Le misure tecnologiche di protezione sono considerate efficaci nel caso in cui l’uso dell’opera o del materiale protetto sia controllato dai titolari tramite l’applicazione di un dispositivo di accesso o dì un procedimento di protezione, quale la cifratura, la distorsione o qualsiasi altra trasformazione dell’opera o del materiale protetto, ovvero sia limitato mediante un meccanismo di controllo delle copie che realizzi l’obiettivo di protezione. […]”

L’antefatto: vendita di chip di modifica Wii, Nintendo DS, Xbox 360, Playstation

La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi su una decisione del Tribunale penale di Firenze, in sede di riesame, che aveva annullato un sequestro disposto nei confronti di un’azienda informatica accusata di aver commesso il reato di cui alla l. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. f bis), poiché essa avrebbe commercializzato dispositivi attraverso i quali è possibile utilizzare su consolle videoludiche di diverse marche, tra cui Nintendo Wii, Nintendo DS, Xbox Microsoft, PlayStation, videogiochi non originali frutto di illecita attività di duplicazione o comunque illegittimamente scaricati da Internet, offrendo in ogni caso i servizi tecnologici necessari a modificare le medesime apparecchiature ai fini sopra precisati.

Il tribunale del riesame aveva ritenuto insussistente il fumus del reato in caso di vendita di prodotti per la modifica delle console citate (Wii, DS, Xbox 360, PS3), ritenendo che:

–         il meccanismo inserito dal produttore sulla console, per limitarne la funzionalità, non sembra costituire una misura tecnologica di protezione tutelata dall’art. 102-quater della legge 633/41. Tale norma, infatti, farebbe riferimento alle sole tecnologie apposte direttamente sulle opere o su materiali protetti dal diritto di autore mentre ciò che l’indagato disattivava era posto al di fuori del supporto contenente l’opera oggetto di tutela;

–        il meccanismo in esame non era finalizzato ad impedire in modo diretto e immediato la creazione di copie abusive;

–        non si poteva affermare con certezza che la rimozione della limitazione della consolle avesse come fine principale quello di violare il diritto di autore in quanto lo scopo della modifica “pareva essere di più generale portata” consentendo la possibilità di utilizzo della consolle come un vero computer.

Il pubblico ministero, di diverso avviso, ha proposto ricorso per cassazione, rilevando che:

–        l’art. 102-quater l. 633/41 non richiede che i dispositivi di protezione debbano essere apposti direttamente sulle opere o su materiali protetti dal diritto d’autore;

–        la PlayStation 2 “e i videogiochi originali contengono al loro interno parti complementari di un sistema di protezione la cui interazione costituisce la misura tecnologica di protezione adottata per impedire utilizzi non autorizzati, rappresentando un insieme che può essere inteso come abbinamento chiave-serratura”;

–        “sulle consolle modificate non è comunque possibile utilizzare, secondo il responsabile antipirateria, videogiochi, sia pure originali, di altri produttori”;

–         in realtà, la finalità principale della modifica è proprio quella di aggirare le limitazioni apposte dalle case produttrici dei giochi.

L’indagato ha poi effettuato alcune eccezioni formali e, nel merito, ha altresì rilevato:

–        la violazione dell’art. 102-quater che, in conformità alla direttiva 2001/29CE, contempla misure tecnologiche di protezione solo sulle opere o su materiali protetti;

–        questione di legittimità costituzionale dell’art. 102 quater e art. 171 ter, lettera f bis) per contrasto con l’art. 25 Cost., per violazione dei principi di tassatività e di determinatezza della norma e per il divieto di analogia in malam partem.

A.E.S.V.I. e Sony Computer Europe Entertainment Ltd hanno presentato memorie difensive, esponendo che:

–        non possono essere ricomprese nella previsione dell’art. 102-quater solo le misure tecnologiche apposte direttamente sulle opere di cui si vuol tutelare il diritto di autore e, cioè, sui supporti;

–        l’art. 171 ter, comma 1, lett. f bis), l. 633/41 sanziona sia l’elusione dell’art. 102-quater sia l’utilizzo di dispositivi principalmente progettati, prodotti, o comunque realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l’elusione delle predette misure;

–        la consolle costituisce il supporto necessario per far girare software originali impedendo il funzionamento di copie abusive di supporti originali.

La precedente giurisprudenza della Corte di cassazione e la nozione di videogioco

La Suprema Corte, con sentenza n. 33768/2007, aveva già affermato che le “misure tecnologiche di protezione” (o MTP) si sono aggiornate ed evolute seguendo le possibilità, ed i rischi, conseguenti allo sviluppo della tecnologia di comunicazione, ed in particolare della tecnologia che opera sulla rete e che una parte significativa degli strumenti di difesa del diritto d’autore sono stati orientati ad operare in modo coordinato sulla copia del prodotto d’autore e sull’apparato destinato ad utilizzare quel supporto”.

Appare utile citare un altro passo di tale sentenza, in cui la Corte afferma che è “oramai evidente che i “videogiochi” rappresentano qualcosa di diverso e di più articolato rispetto ai programmi per elaboratore comunemente in commercio, così come non sono riconducibili per intero al concetto di supporto contenente “sequenze d’immagini in movimento”. Essi, infatti, si “appoggiano” ad un programma per elaboratore, che parzialmente comprendono, ma ciò avviene al solo fine di dare corso alla componente principale e dotata di propria autonoma concettuale, che è rappresentata da sequenze di immagini e suoni che, pur in presenza di molteplici opzioni a disposizione dell’utente (secondo una interattività, peraltro, mai del tutto libere perché “guidata” e predefinita dagli autori), compongono una storia ed un percorso ideati e incanalati dagli autori del gioco. Ma anche qualora lo sviluppo di una storia possa assumere direzioni guidate dall’utente, è indubitabile che tale sviluppo si avvalga della base narrativa e tecnologica voluta da coloro che hanno ideato e sviluppato il gioco, così come nessuno dubita che costituiscano opera d’ingegno riconducibili ai loro autori i racconti a soluzione plurima o “aperti” che caratterizzano alcuni libri.

In altri termini, i videogiochi impiegano un software e non possono essere confusi con esso”.

Le considerazioni del Tribunale di Firenze in sede di riesame

Il Tribunale di Firenze, in sede di riesame, ha, fra l’altro, affermato che:

–        l’art. 102-quater l. 633/41 farebbe riferimento soltanto alle tecnologie apposte direttamente su opere o su materiali protetti dal diritto d’autore e, cioè, sui supporti;

–        il sistema di riconoscimento del videogioco che si trova sulla consolle non sarebbe un meccanismo che impedisce in modo diretto ed immediato la fruizione di copie abusive e perseguirebbe la finalità di tutelare il diritto di esclusiva del titolare dei diritti d’autore solo in modo indiretto ed eventuale;

–        il divieto di analogia in materia penale impedirebbe comunque di dilatare l’ambito di operatività della fattispecie incriminatrice;

–        non sarebbe possibile affermare con certezza che la rimozione della limitazione della consolle abbia come fine principale quello di violare il diritto d’autore potendo la modifica avere lo scopo più generale di ampliare la possibilità di utilizzo della consolle da parte del proprietario come se si trattasse di un computer e, cioè, per fini leciti.

La sentenza n. 23765/2010: è reato vendere modchip per la modifica delle console?

La Suprema Corte ha condiviso l’affermazione del p.m. ricorrente secondo cui una parte della protezione sta nelle informazioni inserite nel supporto (videogioco originale) mentre l’altra parte è inglobata nella consolle, evocando così il meccanismo “chiave – serratura”. Ne consegue che mediante l’introduzione di sistemi che superano l’ostacolo al dialogo tra console e software non originale si ottiene “il risultato oggettivo di aggirare i meccanismi di protezione apposti sull’opera protetta”.

Inoltre, il Tribunale avrebbe concluso “in maniera assolutamente apodittica ed immotivata che non sia possibile affermare con certezza che la rimozione della protezione della consolle abbia come fine principale quello di violare il diritto di autore consentendo la lettura di videogiochi abusivamente copiati”.

Secondo la Corte, che riprende la precedente decisione del 2007, alle modifiche deve essere riconosciuta “necessariamente la prevalente finalità di eludere le misure di protezione indicate dall’art. 102 quater in considerazione di una serie di elementi quali il modo in cui la consolle è importata, venduta e presentata al pubblico; la maniera in cui la stessa è configurata; la destinazione essenzialmente individuabile nell’esecuzione di videogiochi come confermata dai documenti che accompagnano il prodotto; il fatto che alcune unità, quali tastiera, mouse e video, non sono fornite originariamente e debbono eventualmente essere acquistate a parte”. Di qui l’applicabilità dell’art. 171, comma 1, lett. f bis), l. 633/41, perché relativa indistintamente a tutti i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile l’elusione delle misure di protezione di cui all’art. 102 quater”.

La Corte ha quindi annullato il provvedimento del riesame e il Tribunale di Firenze dovrà decidere nuovamente la vicenda, tenendo però conto dei principi affermati dalla Corte medesima.

Chi ha ragione? Modificare le console è reato?

Ad avviso della scrivente, la decisione della Suprema Corte non appare condivisibile, perché di fatto porterebbe a bloccare la stessa possibilità di utilizzare qualsiasi software non preventivamente approvato dalla casa produttrice di ciascuna console, ma non per questo illecito.

Inoltre, indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla “bontà” dell’art. 102-quater della l. 633/41, bisogna comunque considerare che, seppur sia vero che i modchip sono utilizzati anche per eseguire giochi copiati o scaricati illegalmente, è altresì vero che le console modificate (di proprietà degli utenti) possono eseguire pregevoli software homebrew e acquisire numerose altre funzioni. Basti pensare al noto software “XBMC”, media center sviluppato per Microsoft Xbox (e disponibile anche per Windows, OS X e Linux), oppure alla possibilità di far diventare la medesima console un vero e proprio NAS, come spiegato da Tom’s Hardware. Bisognerebbe pertanto provare che un determinato modchip sia prevalentemente finalizzato alla violazione delle misure tecnologiche di protezione; ma, nel caso di specie, pare che ciò sia stato dato per acquisito, senza particolari prove a sostegno di ciò.

Nel caso di specie, poi, la Suprema Corte ha poi tenuto presente, unicamente, i diritti dei titolari dei diritti d’autore sui videogiochi, dimenticandosi dei diritti degli acquirenti delle console, i quali verrebbero privati, di fatto, della possibilità di modificarle, e dunque di sfruttare anche altre potenzialità dell’hardware che hanno legittimamente comprato.

Ancora, sembra potersi condividere l’interpretazione del Tribunale di Firenze che, in sede di riesame, ha affermato che il meccanismo inserito dal produttore sulla consolle, per limitarne la funzionalità, non sembra costituire una misura tecnologica di protezione tutelata dall’art. 102-quater della legge 633/41. Tale articolo fa infatti riferimento alle sole tecnologie apposte direttamente sulle opere o su materiali protetti dal diritto di autore, mentre i modchip sono posti al di fuori del supporto contenente l’opera oggetto di tutela (essendo installati su ciascuna console!).

Infine, sorgono alcuni dubbi sulla seguente affermazione riportata in sentenza e attribuita al p.m.: “sulle consolle modificate non è comunque possibile utilizzare, secondo il responsabile antipirateria, videogiochi, sia pure originali, di altri produttori”: cosa significa? È ben noto, infatti, che le console modificate permettono di eseguire anche software originale.

Conclusioni su modifica console e configurabilità di reato

Alla luce della sentenza n. 23765/2010 della Corte di Cassazione, potrebbe forse ritenersi che in Italia la vendita di modchip per modificare le console da gioco (PS3, Wii, DS, PSP, Xbox 360 e altre) debba essere considerata illegale e che costituisca reato. Fortunatamente, nel nostro ordinamento i precedenti giurisprudenziali, seppur importanti, non hanno forza di legge (nel caso di specie, però, la Suprema Corte ha enunciato il principio di diritto cui il Tribunale di Firenze dovrà attenersi) e non vincolano i giudici (anche se possono orientare la loro attività di interpretazione giuridica). Ne consegue che, in futuro, la stessa Corte potrebbe mutare il proprio orientamento (circostanza tutt’altro che rara!), magari alla luce di nuove argomentazioni dedotte in altri procedimenti aventi il medesimo oggetto.

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