La protezione offerta dal diritto d’autore – nell’ambito della tutela dei “beni letterari” – ai “programmi per elaboratori elettronici” (il c.d. “software” ) postula, al pari di quella relativa ad ogni altra opera, il requisito dell'”originalità” degli stessi. Ad un tal riguardo, anche nel caso del “software”, al fine di stabilire se l’opera specifica (ossia il “programma”) sia frutto – o meno – di una elaborazione “creativa originale”, si rende necessario premettere e precisare che l'”originalità” e la “creatività” sussistono anche qualora l’opera in questione sia composta da idee e nozioni semplici comprese – in quanto tali – nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia propria dell’opera stessa, purché esse risultino formulate ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti. La verifica della misura della consistenza di un tale apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile, in sede di legittimità, soltanto per vizi di motivazione.

(Cassazione civile Sez. I, 12/01/2007, n. 581).

Testo integrale della sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOSAVIO Giovanni – Presidente
Dott. MORELLI Mario R. – Consigliere
Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere
Dott. GILARDI Gianfranco – Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

X, in persona del legale rappresentante sig. …, elettivamente domiciliata in …., che la rappresenta e difende unitamente all’avv…., giusta procura speciale in margine al ricorso;

– ricorrente –

contro

la Y, in persona del legale rappresentante sig. …., elettivamente domiciliata in …, presso l’avv. …., che la rappresenta e difende unitamente agli avv. …. giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonchè la Z, in persona del legale rappresentante sig. ….;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, depositato in data 25 febbraio 2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dal Consigliere Dott. Renato RORDORF;
udito l’avv. Lorenzo PROSPERI MANGILI, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Il 3 maggio 1994 il presidente del tribunale di Milano, accogliendo un ricorso proposto dalla Y, ingiunse con decreto alla X (in prosieguo indicata come X) di pagare alla ricorrente la somma di L. 29.750.000, oltre agli accessori, quale rata del corrispettivo dovuto per la pattuita cessione in uso di un programma informatico riguardante l’automazione industriale nel settore petrolchimico.

La X propose opposizione e contestualmente citò in giudizio anche la Z, sostenendo che quest’ultima, di concerto con la collegata Y, aveva venduto ad una società concorrente il medesimo programma informatico già concesso in uso all’opponente, così violando la clausola di esclusiva che accompagnava il contratto di cessione. Chiese perciò che fosse pronunciata la risoluzione del contratto da essa stipulato con la Y e che questa fosse condannata a restituire le somme già riscosse. Chiese altresì che entrambe le convenute, essendo loro ascrivibile un comportamento costituente violazione del diritto di autore e concorrenza sleale, fossero condannante al risarcimento dei danni in favore di essa opponente e che fosse loro inibito di produrre ulteriormente il programma in questione.

Le società Y e Z si costituirono per resistere alle domande proposte nei loro confronti e la Y formulò, a propria volta, domanda di risoluzione del contratto di cessione del programma informatico per inadempimento della X.

Il giudizio, interrotto per il sopravvenuto fallimento della Z, fu poi riassunto e proseguì nella contumacia della curatela.

Con sentenza emessa il 13 luglio 2000, il tribunale, avvalendosi delle risultanze di una consulenza tecnica disposta in corso di causa, rigettò l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla X, nonchè tutte le ulteriori domande da quest’ultima avanzate (salvo quelle di condanna proposte nei confronti del fallimento della Z, che furono dichiarate inammissibili). In accoglimento della domanda riconvenzionale della Y, il medesimo tribunale pronunciò invece la risoluzione del contratto per inadempimento della X, e la condannò al pagamento delle spese processuali.

Con successiva sentenza resa pubblica il 25 febbraio 2003 la Corte d’appello di Milano, rigettando il gravame proposto dalla X, confermò integralmente la decisione di primo grado.

La corte d’appello osservò che, alla stregua di quanto accertato dal consulente tecnico d’ufficio, il programma informatico che aveva formato oggetto del contratto di cessione in uso alla X, da parte della Y, era da considerarsi diverso da quello successivamente rielaborato dalla Z e poi ceduto ad una terza concorrente. Soggiunse che, peraltro, gli elementi addotti dall’opponente e le risultanze di causa non consentivano neppure di imputare anche alla Y l’attività con cui la Z aveva rielaborato e venduto a terzi il programma già prima acquisito in uso dalla X; che le prove orali al riguardo dedotte dall’opponente apparivano irrilevanti; che la X non era proprietaria del programma (tale potendo divenire solo in caso di eventuale riscatto al termine del periodo d’uso contrattualmente pattuito), onde neppure era legittimata a far valere, in via extracontrattuale, un’eventuale lesione del diritto d’autore per contraffazione del programma medesimo; che anche sotto il profilo della concorrenza sleale non v’era prova alcuna da cui si potesse desumere il concorso della Y nei comportamenti illeciti ascritti dall’opponente alla Z; che quanto rilevato dal consulente tecnico in ordine alla specificità della funzione del programma informatico oggetto di causa valeva anche ad escludere l’eccepito difetto di originalità di detto programma e, quindi, la fondatezza dell’eccezione di nullità del contratto di cessione per mancanza di causa sollevata dalla X che, infine, la risoluzione del contratto per inadempimento della concessionaria non implicava il diritto di questa alla restituzione di quanto già pagato, trattandosi di un contratto di durata.

Per la cassazione di tale sentenza ha ora proposto ricorso la X, deducendo quattro motivi di censura, illustrati con successiva memoria. La Y ha resistito con controricorso.

Nessuna difesa ha svolto invece la Z, il cui fallimento è stato frattanto chiuso ed alla quale il ricorso è stato quindi direttamente notificato.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 (cinquemila) per onorari e 100,00 (cento) per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2006. Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2007

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