L’innovazione e il progresso tecnologico pongono diversi interrogativi sul fronte della tutela legale dei consumatori, soprattutto in tema di responsabilità civile.

La cosiddetta produzione di strati additivi, meglio nota come stampa 3D, è una tecnologia di produzione computerizzata che rende possibile la “stampa” di oggetti tridimensionali.

La differenza fondamentale tra questa tecnologia e quella utilizzata nell’industria, risiede nel fatto che una stampante 3D è in grado di creare un manufatto depositando strati successivi di plastica o altro materiale, anziché ritagliarlo da un singolo blocco grezzo.

Questa tecnologia risale agli anni Settanta e vari produttori di dispositivi l’hanno sempre più utilizzata in vari settori. Solo recentemente, tuttavia, tale metodo ci creazione ha iniziato a diffondersi anche tra i privati e gli appassionati, incentivati soprattutto dal crescente utilizzo a scopo industriale che ha portato le stampanti 3D a divenire accessibili anche nel mercato della grande distribuzione.

Dato il crescente utilizzo, negli ultimi anni si sono formate vere e proprie community basate sulla condivisione peer to peer di progetti (la maggior parte dei quali open source) utilizzabili dai dispositivi di stampa 3D.

Tale tecnologia è purtroppo divenuta appannaggio di un fiorente mercato nero che ha sollevato notevoli preoccupazioni in merito alla possibile creazione di armi da fuoco costruite con l’ausilio di una stampante 3D: in base ad essa, anche persone senza alcuna esperienza tecnica sono potenzialmente in grado di produrre oggetti letali direttamente a casa propria, aggirando così le norme previste in tema di porto d’armi, soprattutto tra i minori.

Inoltre, numerose perplessità emergono in relazione alle attuali norme sulla proprietà intellettuale in quanto, con la repentina diffusione delle matrici online, le opere implicherebbero anche una generale revisione delle regole poste a tutela del copyright.

La stampa 3D è un settore interessato da una repentina crescita in grado di abbracciare diversi ambiti, dall’edilizia ai beni di consumo, fino alla recente sperimentazione in campo medico.

Non è tuttavia infrequente che, come del resto accade per la generalità dei prodotti di uso comune, anche la cosiddetta “produzione additiva” sia suscettibile, nei casi più gravi, di cagionare un danno all’utente in seguito ad un malfunzionamento o ad un utilizzo improprio.

La relazione presentata al Parlamento Europeo

Secondo una stima elaborata attraverso i dati forniti dalla Commissione Europea, entro il 2021 il mercato della stampa 3D vedrebbe incrementato il proprio valore fino a superare i nove miliardi e mezzo di euro di fatturato: un trend in forte crescita che, oltre a rappresentare un notevole incentivo per il settore industriale e manifatturiero, necessita inevitabilmente di una regolamentazione puntuale sotto diversi aspetti.

Sulla scorta di tali premesse, lo scorso 3 luglio alcuni membri del comitato di Giustizia del Parlamento Europeo (il cosiddetto JURI) hanno sottoposto all’Aula una propria relazione sul tema, in cui viene proposta una generale regolamentazione dell’intero settore, in virtù delle problematiche connesse alla proprietà intellettuale e ad alle eventuali responsabilità in caso di prodotti difettosi o pericolosi per la salute.

Le problematicità di una mancata regolamentazione

In generale, come ha sottolineato una delle relatrici, l’eurodeputata francese del gruppo EFDD (Europa della Libertà e della Democrazia Diretta) Joëlle Bergeron, nel caso di danni cagionati all’utilizzatore da un prodotto ottenuto tramite la stampa in 3D, le uniche norme che attualmente prevedono una forma di tutela del consumatore sono quelle sulla responsabilità civile disciplinate dall’attuale direttiva 2000/31/CE in tema di commercio elettronico, sia quelle riguardanti la responsabilità del produttore previste dalla direttiva 85/374/CE.

In base a quest’ultima e in via di applicazione analogica, le responsabilità in caso di danni cagionati all’utente potrebbero coinvolgere numerosi soggetti, dal creatore o al venditore di un modello 3D, fino allo stesso produttore del dispositivo che si occupa di effettuare materialmente la stampa; o ancora, i rimedi risarcitori potrebbero essere applicati sullo stesso creatore del manufatto o sul produttore del materiale utilizzato in fase di stampa.

È quindi evidente che, non essendo presente una normativa specifica a regolare compiutamente il settore, le responsabilità potrebbero essere molteplici e pertanto di difficile individuazione.

Dall’altro lato, Bergeron sottolinea che questa sorta di “democratizzazione” della stampa 3D e la sua capillare diffusione tra gli utenti non pare creare per ora grossi problemi relativi alla regolamentazione della proprietà intellettuale, poiché i dati statistici dimostrano che attualmente la produzione riguarda maggiormente la creazione di prototipi o oggetti in serie limitata, ed eventuali problematiche sorgerebbero soltanto in caso di una produzione industriale su larga scala.

Le maggiori preoccupazioni riguardano invece la riproduzione di oggetti illeciti o di manufatti coperti dal diritto di autore: nella proposta presentata a Bruxelles è infatti prevista la creazione di un database in grado di consentire una sorta di servizio legale di stampa 3D, che preveda un limite alla creazione di oggetti protetti da copyright o comunque in grado di garantire un equo compenso all’autore originale, proteggendolo da così da eventuali contraffazioni.

Parimenti, nella relazione si evidenzia la necessità di impedire preventivamente lo sviluppo di oggetti pericolosi o illegali o la cui detenzione sia concessa soltanto a soggetti muniti delle relative autorizzazioni (come nel caso delle armi da fuoco).

Conclusioni: Ma si può parlare veramente di copyright nella stampa 3D?

Tuttavia, tale proposta, seppur nella sua meritevolezza, non pare per ora sciogliere i numerosi dubbi creatisi attorno alla questione.

Senza dover intraprendere lunghe digressioni in tema di diritto d’autore, è sufficiente ricordare il controverso caso del “Penrose Triangle” (per molti noto come il triangolo impossibile, ovvero una figura triangolare che appare in tre dimensioni a causa di un’illusione ottica): l’immagine finalizzata alla stampa tridimensionale, il cui originale era apparso per la prima volta su una rivista britannica di psicologia alla fine degli anni sessanta, venne caricata su un sito internet specializzato in matrici per stampe 3D al costo di 70 dollari. Qualche tempo dopo, un utente creò un’identica versione freeware, salvo poi vedersi recapitare la richiesta di rimozione da parte del sito a pagamento, la quale rivendicava il relativo diritto d’autore sull’immagine.

Tale vicenda, così come il documento sottoposto all’esame del Parlamento Europeo impongono più d’una riflessione giuridica, alla luce dalla mancanza di pronunce giurisprudenziali da parte della Corte di Giustizia UE.

Ciò che desta maggiori perplessità, come anche condiviso da diversi componenti del JURI, è il rischio di un provvedimento liberticida che vada a sanzionare economicamente gli autori di opere che, tramite l’utilizzo di un qualsiasi software per la creazione di una matrice, si limitino semplicemente ad apportare le proprie modifiche o a migliorare un progetto preesistente e, conseguentemente creino a loro volta un’opera unica nel proprio genere. Di questo e di tanti altri aspetti, occorrerà tenerne debitamente conto.

Non resta che aspettare il pronunciamento del Parlamento Ue.

Dott. Ercole Dalmanzio

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