lavoratore.jpgCon legge 17 ottobre 2007, n. 188, è stata introdotta una nuova formalità per la comunicazione delle dimissioni volontarie dal rapporto di lavoro, la cui inosservanza è sanzionata con la nullità dell’atto.

La recente disciplina, adottata allo scopo dichiarato di arginare la prassi delle dimissioni “in bianco”, sottoscritte dal lavoratore il giorno stesso della sua assunzione, introduce una complessa procedura basata sull’utilizzo di apposito modulo informatico di dimissioni volontarie (c.d. MDV) avente validità massima di 15 giorni dalla data di emissione e assistito da specifiche garanzie contro la contraffazione o falsificazione.

In sostanza, ferma restando la facoltà per il lavoratore di recedere liberamente dal rapporto (espressamente salvaguardata dall’art. 1, l. 188/2007, attraverso il richiamo all’art. 2118 c.c.), la novella sancisce l’invalidità delle dimissioni comunicate oralmente o anche mediante atto scritto diverso dal modello previsto (disponibile su www.lavoro.gov.it/MDV), da trasmettere on-line al Ministero del lavoro secondo la procedura dettagliatamente stabilita dal decreto 21 gennaio 2008, cui è stato demandato il compito di definire le linee attuative della nuova disciplina.

1. L’ambito di applicazione.

Come chiarito anche dalla lettera circolare 4 marzo 2008 del Ministero del lavoro, l’adozione del modello informatico per la presentazione delle dimissioni è obbligatoria per un ampia categoria di soggetti, comprendenti non solo i lavoratori subordinati, ma anche i lavoratori a progetto, i collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co.), gli associati in partecipazione, i collaboratori occasionali, ai soci lavoratori di società cooperative. La disciplina si applica a tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, compresi dunque le Pubbliche Amministrazioni, le Associazioni, le Onlus e gli esercenti arti e professioni.

Sotto il profilo oggettivo, dall’ambito di operatività della nuova procedura restano escluse le ipotesi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, che sussiste qualora la cessazione del rapporto di lavoro sia riconducibile all’incontro della volontà di entrambe le parti del rapporto, nonché le dimissioni rassegnate durante il periodo di prova (cfr. Ministero del lavoro, notizia internet del 13 marzo 2008, consultabile all’indirizzo www.lavoro.gov.it/Lavoro/News/20080313_ChiraimentiMDV.htm).

2. La procedura.

Il rilascio e la presentazione del modulo di comunicazione delle dimissioni volontari (MDV) devono avvenire secondo le precise modalità specificate dall’allegato B, d.m. 21 gennaio 2008, che ha reso operativa la nuova disciplina con decorrenza dal 5 marzo 2008.

La complessa procedura, che non conosce equipollenti stante la declaratoria di nullità che colpisce le dimissioni presentate con modalità diverse da quelle considerate, si ispira alla duplice finalità di garantire la certezza dell’identità del richiedente che invia le dimissioni e la riservatezza dei dati personali e prevede, in primo luogo, la compilazione on line del MDV da parte del dimissionario. Tale operazione può essere compiuta dal lavoratore direttamente alla pagina www.lavoro.gov.it/MDV, previa registrazione che consente di accertarne l’identità, oppure tramite delega ai soggetti abilitati a curare la trasmissione per suo conto (Direzioni provinciali e regionali del lavoro, Centri per l’impiego, Sindacati e patronati). Al termine della compilazione, il modulo viene protocollato e gli vengono attribuiti un codice univoco di identificazione e una data certa a partire dalla quale decorrono i 15 giorni di validità del modello stesso. Secondo le precisazioni fornite dal Ministero del lavoro (cfr. lettera circolare 4 marzo 2008), deve ritenersi che anche qualora il lavoratore abbia precompilato autonomamente il modulo, debba comunque recarsi presso uno dei soggetti abilitati per provvedere alla sua validazione e all’invio al Ministero attraverso l’apposito sistema informatico MDV. La necessaria partecipazione di un soggetto terzo dovrebbe, in questa prospettiva, ulteriormente garantire l’effettività della volontà del lavoratore di rassegnare le proprie dimissioni.

Una volta completata la procedura di validazione, il sistema rilascia una ricevuta, che dovrà essere stampata e consegnata dal lavoratore al datore di lavoro nel termine dei 15 giorni di validità del modulo, pena la nullità dell’intera procedura. Il datore di lavoro, dal canto suo, rimane obbligato a dare comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro al Centro per l’impiego nei 5 giorni successivi alla ricezione delle dimissioni.

L’iter così delineato, che prevede la compilazione e trasmissione informatica del modulo quale unico valido mezzo per la comunicazione delle dimissioni, costituisce peraltro un’innovazione introdotta con il decreto attuativo, dal momento che la l. 188/2007 faceva inizialmente riferimento, oltre che ai moduli informatici, anche a moduli “cartacei”, predisposti e resi disponibili gratuitamente presso le direzioni provinciali del lavoro, i centri per l’impiego e gli uffici comunali. Invero, tale modalità deve ritenersi di fatto superata dal tenore testuale del provvedimento ministeriale che, come visto, indica la procedura informatica quale unica modalità idonea a soddisfare il requisito formale imposto dalla legge.

3. Aspetti critici.

Come si vede, si tratta di una procedura non snella che non si è mancato di considerare del tutto eccessiva rispetto al fine perseguito, oltre che rivelatrice di “un’imbarazzante sfiducia del legislatore nella correttezza della classe datoriale ed imprenditoriale” (Tatarelli, Quando la volontà di recedere è certa la compilazione può essere incompleta, in Guida al dir., f. 47 del 2007, 16).

Le perplessità sollevate dalla novella, del resto, si intensificano ove si consideri che la disciplina in questione riguarda unicamente le dimissioni volontarie e non si applica, invece, alla risoluzione consensuale del rapporto, che potrà ben continuare ad essere oggetto dei medesimi comportamenti fraudolenti che la l. 188/07 ha inteso reprimere con riguardo alle (sole) dimissioni volontarie.

Inoltre, la rigidità della nuova formalità è parsa del tutto sproporzionata con riguardo a determinate tipologie di rapporti cui la medesima risulta applicabile secondo le indicazioni ministeriali. Si pensi ai rapporti di lavoro domestico o sportivo, dai quali il datore di lavoro può recedere liberamente, senza giustificazioni e senza formalità alcuna (salvo il termine di preavviso), con la conseguenza paradossale che il lavoratore, tenuto ad un rigoroso formalismo per le proprie dimissioni, può tranquillamente venire licenziato senza alcuna formalità. Si pensi, ancora, a tutta l’area del pubblico impiego, alla quale il fenomeno delle dimissioni in bianco è pressoché del tutto estraneo.

Al di là dei rilievi critici che si possono muovere alla disciplina in questione, l’aspetto più spinoso da affrontare è quello delle conseguenze che derivano dal mancato rispetto della procedura prescritta.

Si è detto, infatti, che le dimissioni non presentante mediante il MDV e non consegnate al datore di lavoro nel termine di 15 giorni dalla stampa del modulo non producono alcun effetto giuridico, con la conseguenza che il rapporto di lavoro, almeno formalmente, continua ad esistere. La situazione è aggravato dal fatto che la nullità può essere rilevata sempre, senza alcun termine di prescrizione, cosicché le dimissioni prive della forma prevista potrebbe essere dichiarate nulle anche dopo un lungo periodo dalla sostanziale cessazione dell’attività lavorativa. Inoltre, considerato che possono accedere al sistema informatico solamente i lavoratori dimissionari e i soggetti istituzionali abilitati dietro delega di questi, l’esatto espletamento della procedura è rimesso interamente al lavoratore. Nessun potere di iniziativa, per contro, è attribuito al datore di lavoro, il quale, tuttavia, non manca di avere un interesse al corretto adempimento della procedura stessa al fine di sottrarsi alle conseguenze della declaratoria di nullità. In altre parole, la nullità, in questa fattispecie, opera a beneficio della medesima parte che può darvi causa.

Che fare dunque se il lavoratore rassegna le dimissioni in maniera diversa da quella indicata (ad esempio verbalmente o con atto scritto diverso dal MDV) e tuttavia cessa di fatto l’attività lavorativa, magari rendendosi irreperibile? In tale situazione, il datore di lavoro rimane esposto indeterminatamente all’accertamento dell’invalidità dell’ atto, che – ove compiuto – priva di effetti giuridici le dimissioni ripristinando il rapporto di lavoro (peraltro – deve ritenersi – senza obbligo di retribuzione per il periodo non effettivamente lavorato).

In questi casi, il Ministero suggerisce semplicemente al datore di lavoro di “invitare il lavoratore a compliare il modulo nella forma e con le modalità di cui al decreto” (cfr. la circolare del 4 marzo 2008), salva la possibilità per i contratti collettivi di considerare l’assenza prolungata del lavoratore quale manifestazione della volontà di sciogliere il rapporto per fatti concludenti. In mancanza di simili previsioni, quantomeno nell’ambito del lavoro subordinato, al datore di lavoro non rimarrà altra strada che quella di avviare un procedimento disciplinare per assenza ingiustificata da concludere con il licenziamento del lavoratore, che in tal modo da “dimesso” di troverà ad essere “licenziato” – con ulteriori adempimenti che assai poco giovano alla semplificazione dell’attività aziendale.

 

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