
Di sicurezza si parla sempre più negli ultimi tempi, soprattutto da quando è tornato l’allarme terrorismo. La parola d’ordine è così diventata controllo globale del territorio mediante l’installazione di numerose telecamere di sorveglianza.
A quanto è riportato dal Corriere della Sera, ogni giorno in cui una persona esce di casa in una grande città italiana, viene scrutata – in media – da circa 100 telecamere. E secondo una stima dell’Anie-Anciss (associazione delle aziende produttrici) in Italia il loro numero complessivo ammonta a circa 1.300.000! Inoltre, 2007 Comuni, metropolitane, banche e aziende hanno speso 440 milioni di euro per la videosorveglianza.
Come ha più volte denunciato il Garante per la protezione dei dati personali, tra non molto ogni metro quadrato delle nostre città sarà vigilato. Francesco Pizzetti, presidente dell’Authority, ha affermato che "aumentano le zone in cui i soggetti di controllo si incrociano. C’è una tendenza sempre più marcata a offrire connessioni di sistemi privati alla rete pubblica. Si sta arrivando a una forma di sorveglianza totalizzante. Per adesso ancora parcellizzata, ma di fatto inquietante".
Il Garante si è occupato di questa materia già il 29 ottobre 2000, con l’emanazione di un "decalogo" delle regole per non violare la privacy mediante l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza. Il 29 aprile 2004 ha poi emanato un provvedimento a carattere generale, poiché erano stati segnalati numerosi casi, attraverso reclami, segnalazioni e richieste di parere, i quali evidenziano un utilizzo crescente, spesso non conforme alla legge, di apparecchiature audiovisive che rilevano in modo continuativo immagini, eventualmente associate a suoni, relative a persone identificabili, spesso anche con registrazione e conservazione dei dati.
Come riportato nel provvedimento, la videosorveglianza deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati, di quanto prescritto da altre disposizioni di legge da osservare in caso di installazione di apparecchi audiovisivi. Vanno richiamate al riguardo le vigenti norme dell’ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, di tutela della dignità, dell’immagine, del domicilio e degli altri luoghi cui è riconosciuta analoga tutela (toilette, stanze d’albergo, cabine, spogliatoi, ecc.). Vanno tenute presenti, inoltre, le norme riguardanti la tutela dei lavoratori, con particolare riferimento alla legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori).
Il provvedimento disciplina minuziosamente le modalità con cui è possibile svolgere attività di videosorveglianza nel rispetto della normativa vigente sulla protezione dei dati personali, distinguendo anche in base a settori specifici (luogo di lavoro, ospedali e luoghi di cura, istituti scolastici, ecc.).
Quanto alla durata, essa deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle ventiquattro ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria.
Solo in alcuni specifici casi, per peculiari esigenze tecniche (mezzi di trasporto) o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento (ad esempio, per alcuni luoghi come le banche può risultare giustificata l’esigenza di identificare gli autori di un sopralluogo nei giorni precedenti una rapina), è ammesso un tempo più ampio di conservazione dei dati, mai superiore a sette giorni.
Un eventuale allungamento dei tempi di conservazione deve essere valutato come eccezionale e comunque in relazione alla necessità derivante da un evento già accaduto o realmente incombente, oppure alla necessità di custodire o consegnare una copia specificamente richiesta dall’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria in relazione ad un’attività investigativa in corso.
Il sistema impiegato deve essere programmato in modo da operare al momento prefissato – ove tecnicamente possibile – la cancellazione automatica da ogni supporto, anche mediante sovra-registrazione, con modalità tali da rendere non riutilizzabili i dati cancellati.
Certo, tali sistemi hanno consentito in alcuni casi di identificare gli autori di reati anche molto gravi (omici, stupri, rapine, ecc.), anche se la loro efficacia sembra formidabile soprattutto nel sanzionare gli automobilisti o i motociclisti (come i sistemi SIRIO e RITA adottati dal Comune di Bologna). Bisogna tuttavia porre attenzione nel sacrificare sempre e comunque la privacy sull’altare della sicurezza, a meno che non venga perseguito l’obiettivo di far diventare l’uomo moderno un "uomo di vetro", che non può mai appartarsi dalla società in cui vive.
In realtà, sembra che il corretto discrimine possa rinvenirsi nel rispetto del principio di proporzionalità sancito espressamente dal Codice della privacy e citato anche nel suddetto provvedimento del Garante, in modo da bilanciare l’interesse ad una maggiore sicurezza e il necessario rispetto del diritto alla privacy.