La pubblicazione di contenuti illegali su internet, ed in modo particolare sui social networks, è un problema che presenta dei seri rischi sia per i diritti e le libertà delle persone sia per la loro sicurezza. Si pensi, ad esempio, alla possibilità di diffusione su ampia scala di materiali illegali (come materiale pedopornografico), alla possibilità di realizzare truffe, frodi commerciali o altre illecite violazioni delle norme a tutela dei consumatori o dei diritti di proprietà intellettuale e, non da ultimo, alla sempre maggiore diffusione di contenuti di incitamento all’odio e di propaganda terroristica.

Questi temi sono stati presi a cuore dalle istituzioni europee, con l’obiettivo di raggiungere un equilibrio tra due opposte esigenze: da un lato quella di assicurare una tutela adeguata per i diritti e gli interessi dei cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea, e dall’altro lato quello di garantire, senza penalizzarla attraverso l’imposizione di eccessivi ostacoli, l’attività delle piattaforme on-line e dei “provider”. Questi ultimi ricoprono, infatti, un ruolo centrale e di fondamentale importanza come traino nel panorama dell’economia digitale globale. Un ruolo che, come tale, deve necessariamente essere tutelato e non danneggiato o svantaggiato.

La responsabilità del provider.

I c.d. providers (termine abbreviato per Internet service provider o ISP) sono quelle imprese od organizzazioni che offrono agli utenti, attraverso la stipulazione di un contratto di fornitura, dei servizi inerenti a internet. Dal punto di vista della responsabilità in caso di condotte giuridicamente rilevanti, questi soggetti rispondono sicuramente in modo diretto degli eventuali illeciti che abbiano posto in essere in prima persona (qualora agiscano, quindi, come content providers). Nel caso in cui, invece, siano dei soggetti terzi a commettere degli illeciti (sfruttando ad esempio il servizio di hosting), la questione relativa all’imputazione della responsabilità in capo al provider è ben diversa.

La norma che viene in considerazione sull’argomento è contenuta nella Direttiva UE n. 31 dell’8 giugno 2000, recante disposizioni relative a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico nel mercato interno (c.d. “Direttiva sul commercio elettronico recepita con D. Lgs. 70/2003). Con tale provvedimento è stata definita l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza in capo agli ISP sulle informazioni trasmesse da terzi mediante gli strumenti e i servizi resi disponibili dai provider. L’art. 15 della Direttiva, rubricato “Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza” stabilisce infatti che: “1. Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite. 2. Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società dell’informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l’identificazione dei destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati”.

Da questa previsione emerge proprio l’intenzione del legislatore europeo di incardinare una sorta di “principio di neutralità”, e quindi di non responsabilità, del provider in relazione ai contenuti che vengono diffusi sulle rispettive piattaforme web da parte di soggetti terzi.

L’intervento delle istituzioni europee.

D’altra parte, è essenziale anche tentare di porre un freno alla crescente diffusione di contenuti illegali on-line e, di conseguenza, alla minaccia che ciò rappresenta per i diritti e le libertà individuali.

In questa prospettiva, nel dicembre 2015, è stato istituito il ‘Forum dell’UE su Internet’ che riunisce rappresentanti di tutti gli Stati membri, delle organizzazioni internazionali, del settore dell’industria e della società civile. Questo gruppo di lavoro è nato come occasione di incontro e di confronto istituzionale con lo scopo non solo di porre un freno all’abuso di Internet, in particolare, da parte dei gruppi terroristici internazionali, ma anche di contribuire, in questo modo, al più generale obiettivo della Commissione europea di combattere la diffusione dei contenuti illeciti e la commissione di reati sul web.

In questa prospettiva, di recente, con una comunicazione del settembre 2017, la Commissione europea si è assunta anche l’impegno di monitorare i progressi compiuti nella lotta alla diffusione dei contenuti illegali on-line e di valutare l’eventuale necessità di adottare misure ulteriori al fine di garantire rapidità ed efficienza nel rilevare e rimuovere detti contenuti, comprese eventuali misure legislative, in modo tale da aggiornare ed integrare il quadro normativo già esistente.

La Raccomandazione 2018/334/UE.

La Raccomandazione 2018/334/UE del 1° marzo 2018, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. 68 del 6 marzo 2018 si inserisce proprio sul solco degli orientamenti politici sopra esposti, con l’intento di dare loro una concreta attuazione.

La Raccomandazione (che, come previsto dall’art. 288 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, il TFUE, è fonte del diritto dell’Unione Europea, ma priva di efficacia vincolante e diretta agli Stati membri, e si sostanzia in un formale invito a conformarsi ad una certa regola) promuove, in primo luogo, la diffusione su tutto il territorio dell’UE di una “responsabilità sociale” dei providers.

Di conseguenza, anche se il principio di non responsabilità di cui abbiamo parlato sopra dovesse essere mantenuto, con riferimento ai contenuti illegali diffusi da terzi sulle piattaforme web, ci si augura comunque che possa sorgere e diffondersi un comune senso di responsabilizzazione sociale in grado di agire prima di tutto come strumento culturale trasversale nel fronteggiare “dal basso” la diffusione di contenuti illeciti on-line.

La Raccomandazione prevede, in particolare, delle misure di carattere operativo volte ad assicurare una più veloce risposta nel rilevare e rimuovere i contenuti illegali on-line, a rafforzare la collaborazione tra le imprese che operano sul web e le autorità competenti, nonché ad aumentare la trasparenza e le tutele a favore dei cittadini. In particolare, tra gli strumenti previsti vi sono:

  • l’adozione di più chiare procedure di segnalazione e azione: in questo senso, le imprese dovrebbero definire ed attenersi a regole semplici e trasparenti per la segnalazione dei contenuti illegali, anche attraverso la predisposizione di appositi meccanismi di rilevazione “automatizzati” (Artt. 5, 6 e 18). A questo proposito, non dovrebbe essere resa obbligatoria la raccolta dei dati personali del soggetto segnalante, elemento che potrebbe dissuadere dal denunciare determinate condotte e andare così a scapito dell’efficacia del funzionamento del sistema (Art. 7). Inoltre, per evitare la rimozione involontaria di contenuti che in realtà non sono illegali, i fornitori di contenuti dovrebbero essere informati e avere l’opportunità di contestare le decisioni prese (Artt. da 9 a 13).
  • l’adozione di più solide misure di salvaguardia a tutela dei diritti fondamentali, della libertà di espressione e delle norme sulla protezione dei dati per i casi in cui vengano prese decisioni relative alla rimozione dei contenuti, e in particolare quando per fare ciò vengono usati strumenti automatizzati.
  • nel caso in cui ci siano prove di reati gravi, o il sospetto di minacce per la vita o per la sicurezza delle persone derivanti dalla diffusione on-line di contenuti illegali, le imprese dovrebbero informare immediatamente le autorità preposte all’applicazione della legge (Art. 24). A tal fine gli Stati membri sono direttamente sollecitati affinché introducano delle efficaci discipline interne.

Le misure previste potranno del resto variare a seconda della natura e della gravità dei contenuti illegali pubblicati e, difatti, la Raccomandazione incoraggia tutti gli interessati a modulare l’intervento specifico in modo tale che sia adeguato e proporzionato al contenuto illegale da rimuovere.

Conclusioni.

La Commissione per il prossimo futuro ha il compito di monitorare i provvedimenti che saranno adottati concretamente dai singoli Stati membri in risposta alle indicazioni contenute nella Raccomandazione. In particolare, dovrà essere valutata l’adeguatezza delle misure specifiche, nonché la necessità, eventuale, di adottare misure ulteriori per far fronte in modo efficace a tali problematiche.

A questo proposito è quindi auspicabile l’adozione, su iniziativa degli Stati membri, di opportune misure di carattere legislativo che possano andare a colmare un vuoto normativo non più tollerabile in materia, avendo particolare attenzione per la tutela delle libertà, della sicurezza e dei diritti fondamentali dei cittadini.

Dott.ssa Myriam Mazzonetto

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