Cos’è il “Whistleblowing”?

Il termine “whistleblowing”, dall’inglese “suonare il fischietto”, è utilizzato per riferirsi alla segnalazione di illeciti di interesse generale commessi nelle pubbliche amministrazioni o nelle aziende private, fatta dal dipendente che ne sia venuto a conoscenza nell’ambito del rapporto di lavoro.

Si tratta di un istituto molto noto nel panorama legale internazionale, come ad esempio negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, che ha ora trovato formale riconoscimento anche in Italia, con la promulgazione della L. 30 novembre 2017, n. 179. Una legge, questa, che detta una disciplina a favore del lavoratore che decide di segnalare l’illecito, garantendone, in primo luogo, l’anonimato e, in seguito, la tutela in caso di eventuali ritorsioni da parte del datore di lavoro.

La disciplina prevista per il settore pubblico.

Per quanto riguarda il settore della Pubblica Amministrazione, già la L. 190/2012 (c.d. Legge Severino) aveva introdotto una prima forma di tutela al riguardo, prevedendo con il nuovo art. 54-bis del Testo Unico del pubblico impiego (il d.lgs. 165/2001) un sistema di garanzie minime per il dipendente che segnalasse condotte illecite di cui fosse venuto a conoscenza nel proprio rapporto di lavoro. Garanzie che consistevano nella possibilità di opporsi ad eventuali misure discriminatorie o sanzionatorie aventi effetti sul rapporto lavorativo, comminate per ragioni collegate alla denuncia.

La nuova L. 179/2017, all’art. 1, modifica proprio l’art 54-bis del d.lgs. 165/2001 prevedendo che “Il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione”.

La nuova norma, inoltre, interviene ampliando il concetto di “pubblico dipendente” al quale si applica questa tutela: ora, infatti, con questa espressione si intende qualsiasi dipendente della Pubblica Amministrazione, inclusi quelli degli enti pubblici economici, di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico ed i lavoratori e collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore della pubblica amministrazione.

La novità più rilevante della nuova legge è, però, senza dubbio la tutela a favore della riservatezza del segnalante, realizzata mediante la previsione di un divieto di rivelarne l’identità. L’art. 54-bis, comma 3 ora prevede, infatti, che l’identità del soggetto che segnala l’illecito sia coperta da segreto tanto nell’ambito di un eventuale processo penale (come previsto dall’art. 329 c.p.c.) quanto nel procedimento dinanzi alla Corte dei Conti (almeno fino alla chiusura della fase istruttoria). Nell’ipotesi di un procedimento disciplinare avviato sulla base di una segnalazione da parte di un lavoratore, l’identità di quest’ultimo potrà rimanere segreta se la contestazione disciplinare che ne consegue verrà fondata su prove ulteriori rispetto alla mera segnalazione. Nel caso in cui, invece, la contestazione sia fondata anche solo in parte sulle informazioni fornite dal dipendente oppure l’identità del segnalante sia necessaria per l’esercizio del diritto di difesa dell’accusato, tale dichiarazione potrà essere presa in considerazione solo se il segnalante acconsente a rivelare la sua identità.

Ancora, al fine di assicurare la tutela della riservatezza del segnalante, la nuova legge prevede (all’art. 54-bis, comma 5) che l’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotti delle specifiche linee guida relative alle procedure da seguire per la presentazione e la gestione di queste segnalazioni. A tal fine si potrà fare ricorso a modalità informatiche e promuovere l’impiego di strumenti di crittografia per garantire più efficacemente la riservatezza dell’identità del segnalante, il contenuto delle segnalazioni e la relativa documentazione.

A questo proposito, con un comunicato del Presidente dell’ANAC del 6 febbraio 2018 è stato annunciato che, a far data dall’8 febbraio, è operativa sul sito internet dell’ANAC una piattaforma informatica per l’acquisizione e la gestione delle segnalazioni di illeciti da parte dei dipendenti pubblici. Con l’accesso tramite questo portale, l’identità del segnalante viene secretata e, grazie all’utilizzo di un codice identificativo univoco generato dal sistema, egli potrà dialogare con l’ANAC in maniera spersonalizzata e del tutto anonima.

Conseguenze per la violazione della disciplina.

Con la L. 179/2017, all’art. 54-bis, comma 6, viene introdotto anche un regime sanzionatorio per i casi di violazione della disciplina normativa, che attribuisce all’ANAC il potere di irrogare sanzioni amministrative a carico della Pubblica Amministrazione o dell’ente cui la segnalazione si riferisce.

In particolare, la norma attribuisce all’ANAC il potere di applicare una sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000  nel caso in cui il responsabile non abbia adottato procedure conformi alle linee guida per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni, o quando non abbia verificato e analizzato le segnalazioni ricevute.

Nel caso in cui, invece, sia accertata l’adozione di misure discriminatorie nei confronti del dipendente segnalante, la sanzione amministrativa a carico del responsabile può variare da un minimo di 5.000 € ad un massimo di 30.000 €, fermi restando gli altri profili di responsabilità. Oltretutto, da un lato, l’onere di dimostrare che tali misure sono state in realtà motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa è a carico dell’ente. Dall’altro lato, nel caso in cui gli atti discriminatori o ritorsivi non risultino altrimenti giustificati, le misure applicate saranno da considerare nulle.

Qualora, in ultimo, fosse dimostrato addirittura che il dipendente è stato licenziato a causa dalla segnalazione effettuata, egli dovrà essere reintegrato nel posto di lavoro.

All’opposto, non troverà applicazione alcuna delle garanzie finora esaminate nel caso in cui venisse accertata la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione, o per altri reati commessi con la denuncia, o la sua responsabilità civile nei casi di dolo o colpa grave.

La disciplina per il settore privato.

L’art. 2 della L. 179/2017 disciplina il c.d. “Whistleblowing” per il settore privato, nel rispetto degli stessi principi posti a fondamento delle regole previste per il settore pubblico.

In particolare, questa norma modifica l’art. 6 del d.lgs. 231/2001 (recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”) che ora dispone che anche i soggetti giuridici privati debbano predisporre idonei strumenti al fine di consentire ai propri dipendenti di segnalare condotte illecite o violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, delle quali abbiano avuto conoscenza in ragione del loro lavoro, garantendone comunque l’anonimato e la tutela in caso di ritorsioni come, ad esempio, il licenziamento o il demansionamento.

Queste eventuali misure discriminatorie saranno affette da nullità (ex art. 2, comma 2-quater del d.lgs. 197/2017) e potranno essere denunciate all’Ispettorato nazionale del lavoro sia direttamente dal segnalante sia tramite l’organizzazione sindacale da lui incaricata (art. 2, comma 2-ter). Anche in questo caso è previsto poi l’obbligo di sanzionare chi, con dolo o colpa grave, effettua una denuncia che si riveli poi essere del tutto priva di fondamento.

Conclusioni.

La novella normativa è sicuramente apprezzabile in quanto rivela l’intenzione del legislatore di promuovere l’istituto del “Whistleblowing” incrementandone l’ambito di applicazione, tanto da coinvolgere sia soggetti pubblici che privati. Questo intervento denota infatti l’assunzione di un impegno da parte dello Stato nella direzione di una maggiore diffusione della cultura della legalità in ambito lavorativo, facendo sì che gli stessi lavoratori possano assumere un ruolo attivo e propositivo di fronte agli illeciti commessi nel posto di lavoro, sia esso pubblico o privato.

Per questo motivo è auspicabile che lo strumento abbia in futuro un grande impatto, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato. Sarà tuttavia opportuno attendere, per procedere a considerazioni più mature, le linee guida che l’ANAC -con il parere del Garante della Privacy- dovrà stilare con riguardo alle concrete modalità di presentazione e gestione delle segnalazioni. In particolare, sarà interessante osservare come saranno delineate le garanzie di riservatezza a favore del soggetto segnalante, in considerazione delle novità legislative in materia di tutela dei dati personali.

 

Dott.ssa Myriam Mazzonetto

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