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Una recente sentenza del Consiglio Di Stato ha analizzato alcuni sistemi di commercializzazione e vendita multilivello, intervenendo su richiesta di una società sanzionata dall’AGCM – Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – per pratiche commerciali scorrette. In particolare, l’Autorità, all’esito del procedimento istruttorio, aveva multato la ricorrente per due ragioni. Innanzitutto, per aver messo in piedi un sistema di commercializzazione e di vendita strutturato con modalità che apparivano “volte principalmente all’inserimento di nuovi consumatori in un complesso sistema di remunerazione” che implicava “il pagamento di una quota di registrazione e reclutamento nel sistema”. Poi, per aver presentato i prodotti “in modo ingannevole al fine di aumentarne l’attrattività, attribuendo agli stessi natura e caratteristiche che essi non possiedono”. In pratica, secondo l’AGCM, il sistema di vendite multilivello utilizzato celava, in realtà, uno schema di vendite piramidali, vietate dal nostro ordinamento.

 

CHE COS’È IL NETWORK MARKETING

Il network marketing o sistema di vendita multilivello è un sistema di vendita che si è sviluppato negli Stati Uniti, per poi diffondersi rapidamente nel resto del mondo.

In tale modello, le vendite vengono realizzate, al di fuori dei locali commerciali, da soggetti che operano per una determinata azienda, promuovendo un particolare bene o servizio. Nella gran parte dei casi, i lavoratori non godono di una retribuzione fissa, ma percepiscono delle commissioni, che variano in base alle vendite realizzate. Il prodotto o servizio viene venduto direttamente dalla società al cliente, mentre al soggetto che fa da intermediario spetta una percentuale per la sua attività.

Il sistema prevede che l’intermediario possa favorire l’ingresso di un altro soggetto, spesso la stessa persona che ha acquistato il bene o il servizio, e così via. Dunque, gli incaricati alla commercializzazione hanno due obbiettivi: da un lato, la promozione finalizzata alla conclusione dell’affare, dall’altro il reclutamento di persone da inserire nella rete.

Come dicevamo, l’intermediario guadagna una commissione proporzionale al volume di vendite realizzate. Tuttavia, il multi-level marketing prevede un incentivo, di non poco conto, volto a massimizzare i risultati della fase di recruiting. L’incaricato alle vendite, infatti, riceve una commissione non solo per le vendite dirette ma anche per le vendite concluse dai soggetti che ha reclutato e da quelli che sono stati da questi a loro volta reclutati. Con questo meccanismo, chi fa parte del network ha interesse ad ingaggiare il maggior numero di persone possibile.

Molto spesso, l’impresa stessa impone all’incaricato di aprire almeno due linee di vendite di incaricati (cc.dd. downlines): i profitti di un incaricato deriveranno, quindi, dalle vendite realizzate personalmente e dalle vendite realizzate dalle persone che fanno parte delle sue downlines. Questo meccanismo garantisce una grossa remunerazione a chi si trova nella parte medio-alta della scala gerarchica.

 

VENDITE PIRAMIDALI

Il network marketing è una forma di commercializzazione accattivante per la possibilità che viene data, a chi entra a far parte del network, di guadagnare in base all’impegno profuso e al tempo dedicato all’attività. Può costituire una fonte di reddito di tutto rispetto per chi svolge questo lavoro a tempo pieno oppure un’entrata marginale utile ad arrotondare lo stipendio. Inoltre, se si è disposti a rinunciare alla sicurezza di un’entrata fissa, permette una grande libertà nella gestione del proprio tempo.

C’è anche da dire, però, che non tutte le aziende che adottano questi sistemi di vendita operano in buona fede e in maniera trasparente. Alcune attività di vendita multilivello celano, in realtà, degli schemi piramidali che possono sfociare in frodi per i consumatori, attirati dalla prospettiva di guadagnare somme ingenti in tempi ridotti.

Le vendite di tipo piramidale adottano, come il network marketing, un sistema commerciale basato su più livelli e costituito da una rete di venditori strutturata su scala gerarchica, ma sono caratterizzate da un approccio ben diverso.

Se nel multi-level lo scopo principale è quello di guadagnare attraverso la vendita di un bene o di un servizio, nei sistemi piramidali l’obiettivo primario è quello di reclutare il maggior numero di persone possibili.

In questo caso i proventi derivanti dalle vendite assumono un’importanza solo marginale, si potrebbe dire di facciata.

La remunerazione maggiore per l’azienda, e per chi è ben posizionato nella scala gerarchica, deriva dal versamento di una commissione che ogni neo-affiliato è tenuto a effettuare nel momento in cui accede alla rete. Di solito, tale commissione viene richiesta per l’acquisto di un kit, che l’impresa impone come strumento indispensabile per lavorare, e di un pacchetto base di prodotti.

Per recuperare l’esborso iniziale i neo-affiliati si impegnano nella ricerca di nuovi venditori da inserire nelle loro downlines, in modo da aumentare  i loro guadagni e avanzare nella scala gerarchica.

Negli schemi piramidali, che di solito hanno una vita abbastanza breve, si arriva al momento in cui il reclutamento di nuove persone diventa difficoltoso: a quel punto, gli ultimi arrivati sono costretti a sopportare l’esborso iniziale, senza poterlo scaricare sui gradini più bassi della scala.

Considerati i gravi danni che possono arrecare ai consumatori, le forme di vendita piramidali sono vietate nel nostro ordinamento. In particolare, la L. n. 173 del 2005 (dedicata proprio alla tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali) sanziona “la promozione e la realizzazione di attività e di strutture di vendita nelle quali l’incentivo economico primario dei componenti la struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi determinati direttamente o attraverso altri componenti la struttura”.

 

LA PRONUNCIA DEL CONSIGLIO DI STATO

La recente decisione del Consiglio di Stato conferma questi concetti: il sistema commerciale della società appellante rientra nel novero delle vendite piramidali in quanto è orientato non alla logica delle vendite multilivello, ma alla creazione di “un sistema di acquisto da parte dei consumatori che vengono fittiziamente reclutati come incaricati alle vendite”.

Nel sistema posto in essere nel caso oggetto di questa decisione sono stati infatti ravvisati almeno due degli elementi che secondo l’art. 6 della l. n. 173 del 2005 sono indici presuntivi di illiceità: in particolare, l’obbligo di versare un’ingente somma all’entrata nel sistema, in assenza di una reale controprestazione; l’obbligo di acquistare, sempre all’entrata nel sistema, prodotti o servizi non strettamente necessari o comunque sproporzionati all’attività commerciale svolta.

Inoltre, secondo i giudici, il piano dei compensi mostrerebbe in maniera chiara, con riguardo alle singole voci di remunerazione, “l’assoluta prevalenza dei proventi connessi al reclutamento e all’autoconsumo su quelli derivanti dalle vendite dirette”. Questo è un elemento a cui consegue che l’incaricato sia naturalmente indotto a concentrarsi sull’attività di reclutamento piuttosto che su quella di vendita, anche solo per cercare di recuperare quanto versato inizialmente.

I giudici spiegano che, in assenza di una reale attività economica che consenta di generare entrate, il sistema richiederebbe, per stare in piedi, l’adesione di un numero sempre crescente di partecipanti, al solo scopo di remunerare chi si trova al di sopra di essi. Tale sistema dovrebbe tendere all’infinito e per questo motivo risulta insostenibile.

Il Consiglio di Stato chiarisce anche che quello previsto dalla l. n. 173 del 2005 è un reato di pericolo: ciò significa che non deve essersi già realizzato un danno concreto perché si realizzi il reato, perché questa norma ha natura preventiva e sanziona le strutture di vendita anche solo potenzialmente pericolose “ben prima che si realizzino effetti dannosi sul sistema economico e per i soggetti coinvolti”.

 

COME INDIVIDUARE UN SISTEMA PIRAMIDALE?

Nonostante l’intervento delle autorità e della giustizia sia imprescindibile per individuare, isolare e punire i comportamenti scorretti di alcune imprese, può essere utile, per i consumatori, tenere a mente una serie di elementi che li aiutino a districarsi nella giungla del network marketing.

Un primo campanello d’allarme potrebbe essere la richiesta, da parte della società, di investire una somma iniziale per entrare a far parte della rete o, ancora, di acquistare un grosso “pacchetto base” di prodotti per il quale non è prevista la restituzione dell’invenduto. Un’altra spia potrebbe essere il fatto che l’azienda dia più importanza al reclutamento che alle vendite compiute. Infine, ciò che per primo dovrebbe destare grossi sospetti e allontanarvi dall’azienda sono le promesse di facili guadagni in tempi piuttosto brevi.

 

Redazione Diritto dell’informatica

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