criminalità informaticaInternet e molti servizi on line consentono di esprimere il proprio pensiero in molteplici modi: si pensi a social network come Facebook e MySpace oppure a siti di giornalismo partecipativo, e così via. Però, a volte esprimere la propria opinione può comportare conseguenze spiacevoli se si superano alcuni limiti: quali sono? Quando, on line, si arriva a commettere il reato di diffamazione? Quando possiamo parlare di una vera e propria diffamazione a mezzo Internet?

1. Premessa

Oggigiorno è normale passare parte della propria vita digitale su forum, gruppi di discussione e social network (come Facebook), che ormai rappresentano a tutti gli effetti strumenti di espressione della propria personalità. In questi ambienti virtuali spesso si parla, come al bar, dei più svariati argomenti, talvolta anche in modo approssimativo facendo poca attenzione a ciò che si scrive e dimenticandosi che il forum, a differenza della chat, è uno strumento asincrono (in quanto i messaggi vengono scritti e letti in momenti diversi) che lascia la comunicazione per sempre, o quasi, in rete. Raccontare l’opinione che si ha di un individuo o ancor di più l’ esperienze negative su un prodotto o un servizio, è un atteggiamento che non piace, soprattutto alle aziende, che fanno del parere degli utenti il cavallo di battaglia del proprio web-marketing.
D’altra parte è anche vero che trattandosi di discussioni che avvengono online, molti utenti coperti dal loro nick-name e forti del fatto di trovarsi dietro a un computer, si lasciano andare a commenti molto coloriti o accuse del tutto gratuite pensando che la rete sia una zona franca dove sia ancora possibile dire (o meglio scrivere) quello che si vuole. Infatti, capita sempre più spesso che gli autori in buona fede di commenti critici e informali, scritti magari di notte sul forum, siano trascinati in un procedimento penale. Molti potrebbero obiettare che in Italia e soprattutto su Internet, ognuno è libero di esprimere la propria opinione e che scrivere sui boards rientra nel più ampio esercizio della libertà di pensiero. In realtà non è del tutto vero, facciamo chiarezza!

2. La diffamazione online

La diffamazione è un reato strettamente connesso alla persona e al diritto all’onore di cui ogni individuo è titolare ed è previsto dall’articolo 595 c.p.. Esso dispone che chiunque, fuori dai casi di ingiuria, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, é punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032,00 €. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena é della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065,00 €. Quindi mentre il reato di ingiuria previsto dall’articolo 594 c.p. punisce chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente, il reato di diffamazione punisce chi offende l’altrui reputazione in modo “indiretto” parlando con più persone e riferendosi, appunto, a una persona che non è presente.
Trascuriamo i casi in cui ci si può trovare di fronte a un concorso di reato e soffermiamoci solo sulla diffamazione che può realizzarsi in due modi, a “mezzo di stampa telematica” o a ” mezzo di Internet”. Del primo caso si è già parlato molto, sia a seguito delle sentenze riguardanti la responsabilità di riviste telematiche, sia tra molte polemiche per il caso del blog sottoposto a un regime equivalente (Trib. Aosta 26/05/2006). Oggetto di questo approfondimento, invece, è l’ipotesi che può capitare all’utente comune quando scrive su un forum o su un newsgroup per sua passione o interesse personale.

3. Gli elementi della diffamazione a mezzo Internet

Il terzo comma dell’articolo 595 c.p contempla la diffamazione online come circostanza aggravante della diffamazione perché realizzata tramite internet che viene considerato un mezzo di pubblicità, perché idoneo e sufficiente a trasmettere un messaggio diffamatorio a una pluralità di soggetti. Perché il reato si realizzi è richiesta la presenza necessaria e contemporanea dei seguenti elementi: l’offesa alla reputazione di un soggetto determinato o determinabile, la comunicazione di tale messaggio a più persone e la volontà di usare espressioni offensive con la consapevolezza di offendere (c.d. dolo generico).

3.1 L’offesa alla reputazione di un soggetto determinato o determinabile

La reputazione è l’interesse tutelato da parte del legislatore e viene intesa come quella stima di cui l’individuo gode in seno alla società per le caratteristiche che gli sono proprie. Per ledere la reputazione quindi sono necessarie espressioni non vere, offensive, denigratorie o espressioni dubitative, insinuanti, allusive, sottintese, ambigue, suggestionanti, se per il modo con cui sono dette fanno sorgere nel lettore un plausibile convincimento sull’effettiva rispondenza a verità dei fatti falsi narrati. La vittima oggetto della diffamazione deve essere invece una persona determinata o determinabile. L’individuazione dell’effettivo destinatario dell’offesa è condizione essenziale ed imprescindibile per attribuire all’offesa una rilevanza giuridico-penale.

3.2 La comunicazione di tale messaggio a più persone

La diffamazione è un reato istantaneo che si consuma con la “comunicazione a più persone”. Trattandosi ad esempio di un forum, tale elemento si realizza con il postare il proprio messaggio e si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione ingiuriosa e dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivato (Cass. pen. Sez. V, 21/06/2006, n. 25875). Da sottolineare come si configuri anche nel caso in cui il board non fosse pubblico ma richiedesse una registrazione per leggere i messaggi.

3.3 La volontà di usare espressioni offensive con la consapevolezza di offendere

Ai fini della sussistenza dell’elemento psicologico nei delitti di diffamazione, non è necessaria l’intenzione di offendere la reputazione della persona, ma basta la volontà di utilizzare espressioni offensive con la consapevolezza di offendere. Come è facile notare questo tipo di atteggiamento, direttamente rilevabile in base alle frasi e al significato delle parole oggetto di diffamazione, è uno degli elementi che permette di tracciare il limite tra diritto di critica, tutelato ampiamente dalla libertà di pensiero, e la disciplina delittuosa.

4. Libertà di pensiero e responsabilità penale

L’articolo 21 della Costituzione dispone che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” ma tale diritto incontra dei limiti specifici qualora l’opinione espressa giunga a ledere l’altrui onore e reputazione. Quindi il diritto di critica e la libertà di opinione non possono essere equivocate con la libertà d’insulto, di offesa, di diffamazione dell’altra persona. Un principio costante della giurisprudenza è che la critica, per quanto forte e spregiudicata possa essere, non debba mai diventare insulto, dileggio, disprezzo della persona. Qualora ciò avvenga non si è più in presenza di una critica ma di una diffamazione! Per ciò che riguarda l’imputabilità non dimentichiamoci che la responsabilità penale è personale, pertanto l’hosting provider che consente agli utenti di accedere ad un newsgroup non può essere ritenuto responsabile per i messaggi che passano attraverso i propri elaboratori. Ciò in quanto il provider si limita a mettere a disposizione degli utenti lo “spazio virtuale” dell’area di discussione e non ha alcun potere di controllo e di vigilanza sugli interventi che vi vengono man mano inseriti (Trib. Lucca, 20/08/2007). Allo stesso modo il gestore del forum sarà, caso mai, responsabile solo della negligenza di controllo oppure per la mancata rimozione del commento denigratorio, dopo che gli sia stato fatto notare ed esso sia realmente offensivo.
Diversamente la giurisprudenza ha avuto modo di individuare anche il confine tra critica e diffamazione che emerge dal rispetto di principi quali la continenza espositiva, la verità e la pertinenza dell’informazione. Pertanto, l’autore di messaggi su forum o newsgroup che con i suoi commenti critichi prodotti o servizi, utilizzando un linguaggio educato, non denigratorio o insinuante senza la volontà e la consapevolezza di offendere, non potrà temere nessun tipo di azione legale rientrando la sua condotta nelle libertà di espressione e di critica garantite dal dettato costituzionale.

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