L’ultima modifica alla legge sul diritto d’autore (su immagini e musica “degradate”) ha fatto scalpore: facciamo chiarezza!
In questi giorni, infatti, si è parlato molto di una legge appena pubblicata, la n. 2 del 2008, che aggiunge il comma 1-bis all’articolo 70 della legge sul diritto d’autore.
Prima di soffermarci su alcune conseguenze della sua introduzione, ecco il testo del nuovo comma: “È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, […] sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma”.
C’è chi sostiene che la nuova legge addirittura renderebbe libera la pubblicazione di mp3 sulle reti p2p, e chi, al contrario, sostiene che non è cambiato quasi nulla, perché il successivo decreto restringerà notevolmente i casi ammessi.
Come spesso succede, la realtà va cercata nel mezzo, visto che abbiamo a che fare (caso purtroppo non raro in Italia) con l’ennesima legge scritta in modo vago e che perciò si presta alle più varie interpretazioni.
Da un lato, infatti, non si capisce che cosa si intenda per musiche “degradate”: c’è chi sostiene che il termine, inteso tecnicamente, abbia un significato ben chiaro, tale da ricomprendere sicuramente gli mp3. Altri hanno sottolineato un aspetto diverso: tecnicamente parlando, qualsiasi sistema o formato di registrazione o riproduzione del suono comporta un certa, seppur minima, degradazione dello stesso – e questo varrebbe perfino per la musica in qualità CD, come affermano già da tempo i sostenitori del Super Audio CD. Si potrebbe quindi paradossalmente concludere che il comma in questione si riferisce a qualsiasi tipo di registrazione musicale. Dal momento che questo ci sembra francamente un po’ troppo, in base a quale metro stabilire ciò che è degradato e ciò che non lo è? La domanda è aperta, in attesa di ulteriori precisazioni da parte del Legislatore.
Ancora, potrebbe essere molto difficile sostenere e dimostrare (soprattutto se ci si sta difendendo in tribunale, a seguito di denuncia…) di aver “pubblicato” mp3 protetti da diritto d’autore per uso didattico o scientifico, tanto più che la legge rinvia ad un futuro decreto la definizione dei loro limiti (fermo restando che l’eventuale utilizzo delle immagini o della musica a scopo di lucro esclude l’applicabilità della norma). A poco vale appellarsi alla Costituzione, sostenendo che eventuali e futuri limiti alla definizione degli usi didattici e scientifici sarebbero in contrasto con il suo art. 33 (che sancisce la libertà d’insegnamento): la Costituzione non dice certo che sono liberi tutti i comportamenti illeciti (compresa la diffusione di mp3 sulle reti p2p) purché li si auto-proclami far parte di un proprio e personale metodo d’insegnamento oppure perché finalizzati a uso scientifico!
Ma, allora, quali sono i limiti entro cui è possibile appellarsi ad un uso didattico o scientifico? Ce lo dirà appunto (si spera!) il decreto sopra menzionato, di cui per ora nessuno conosce il contenuto (a parte – a suo dire – Enzo Mazza, al quale curiosi porgiamo l’invito a “condividerlo” al più presto).
Nota: articolo già pubblicato su Tom’s Hardware Italia.