
A quanto è stato riportato da una rivista on line giapponese (il Daily Yomuri Online), i quattro più importanti Internet provider giapponesi hanno concordato di bloccare la connessione di chi utilizza programmi di P2P come "Winny" o altri client per condividere e scaricare illegalmente videogiochi e brani musicali.
Tale manovra si sarebbe resa necessaria per tentare di contrastare la crescita nella illecita copia e condivisione di musica, videogiochi e immagini: sarebbero infatti stati compiute numerose violazione dei titolari dei diritti d’autore sulle opere dell’ingegno.
Il ricorso a tali pratiche era stato sinora solo preso in considerazione, ma non era mai stato messo in pratica per chiara problemi inerenti il diritto alla privacy e la libertà nell’utilizzo degli strumenti di telecomunicazione.
I provider hanno però ritenuto possibile disconnettere quegli utenti che vengono "colti in flagrante" nell’atto di condividere illecitamente materiale protetto da copyright; inoltre, hanno giudicato lecito recedere dai contratti in essere con chi compie simili illeciti. Il tutto viene reso possibile grazie all’esercizio congiunto di azioni con le associazioni il cui scopo è proprio tutelare il diritto d’autore.
Fra le organizzazioni citate sono comprese anche due associazioni di provider che raccolgono all’incirca 1.000 fornitori di accesso Internet di varie dimensioni, per cui si concretizza in una misura a largo respiro che potrebbe fermare l’utilizzo – in particolar modo – del software Winny, assai diffuso nel paese del sol levante.
Secondo una stima riportato dal quotidiano nipponico, gli utilizzatori giapponesi di tali software ammontano a circa 1,75 milioni e la maggior parte dei file scambiati sarebbe protetta da diritto d’autore. Secondo un sondaggio di parte, realizzato da una organizzazione finalizzata alla tutela del copyright, in sole 6 ore sarebbero emersi numeri importanti: 3 milioni e mezzo di videogiochi condivisi illegamente e 610.000 brani musicali illecitamente immessi in Rete. Tale organizzazione avrebbe, infatti, monitorato il traffico generato da tali network.
In base al nuovo accordo, organizzazioni come quella citata (un pò come la RIAA, per intenderci) possono notificare ai provider gli indirizzi IP di chi avrebbe infranto il copyright. A quel punto i provider dovrebbero inviare delle email di diffida ai propri clienti, identificati in base al medesimo indirizzo IP, e, qualora essi dovessero continuare con l’illecito scambio di file, verrebbero disconnessi oppure si verificherebbe un recesso unilaterale dal contratto.
C’è da dire che tali pratiche sono chiaramente lesive della riservatezza degli utenti (anche di coloro i quali non compiono alcun illecito!) e consistono in vere e proprie intercettazioni: può la difesa del copyright spingersi sino a tali limiti? In uno stato di diritto, la risposta dovrebbe essere negativa…