banconote euroIn alcuni trafiletti di giornali e su tanti siti web rimbalza la notizia secondo cui i blog potrebbero presto diventare a pagamento. Una sorta di passaggio di testimone fra i quotidiani cartacei e i blog virtuali, sempre più letti e commentati. Dietro tutto ciò, invece, non si celano operazioni commerciali, volte a salvaguardare e risollevare le burrascose situazioni economiche in cui navigano i giornali?

I blog e l’evoluzione tecnologica

“Il blog è il Web, in una delle forme che la ragnatela sa assumere” (De Biase).

Il termine weblog (più comunemente conosciuto come blog), che indica il diario personale on line, deriva dalla contrazione delle parole “web” e “log” (letteralmente “traccia su rete”), nella definizione creata da Jorn Barger nel 1997. Successivamente (1999) le parole sono state trasformate nella frase “we blog”, dando origine al verbo “to blog” (ovvero: bloggare, scrivere un blog).

La diffusione capillare e popolare dell’accesso a Internet (spesso in banda larga) ha reso sempre più facile per gli utenti la creazione di spazi virtuali personali. Non tutti, però, hanno dimestichezza con il codice Html, usato per scrivere pagine web. Per venire incontro a queste esigenze, sono nati i primi servizi che consentivano a chiunque di poter realizzare siti web senza conoscere affatto il codice Html. I grandi portali, anziché offrire agli utenti una semplice pagina preconfezionata, hanno messo a disposizione vere e proprie consolle con cui creare on line un minisito e inserire i contenuti personali. In poche parole, il blog.

Così il fenomeno nel 2001 è divenuto di moda anche in Italia, con la nascita dei primi servizi gratuiti dedicati alla gestione di blog: la struttura è costituita, solitamente, da un programma di pubblicazione guidata, che consente di creare automaticamente una pagina web in cui pubblicare storie, informazioni e opinioni in completa autonomia nel concetto democratico di “condivisione” dei contenuti: ogni articolo è generalmente legato a un piccolo forum che affronta un thread (argomento) e in cui i lettori possono scrivere in tempo reale i propri commenti e lasciare messaggi all’autore.

User-generated content

Gli utenti, dunque, sono passati da meri consumatori di notizie a veri e propri autori. Costoro non sono più fruitori di notizie. Essi le generano. Non a caso si parla di User-generated content, di contenuto creato dall’utente. Questo è ciò che fanno quotidianamente i navigatori, a prescindere dalla registrazione o meno su un registro del Tribunale.

La discesa dei giornali

Il fenomeno evolutivo che sta attraversando il mondo dell’informazione ha coinvolto pesantemente il settore dei quotidiani. I media tradizionali si sono dovuti adeguare (chi prima, chi dopo) a un evidente cambio di strategia commerciale, per non essere scavalcati dalle informazioni gratuite fornite su Internet. C’è chi è passato da poco al mondo on line, come, per esempio, il Christian Science Monitor (con cento anni di storia ora sarà solo su Internet), oppure il Seattle Post Intelligencer. C’è chi chiude definitivamente per i debiti maturati, come, per esempio, le testate storiche Rocky Mountain News. Infine, c’è chi punta su abbonamenti a pagamento, come, per esempio, New York Times e Washington Post, oppure il Global Post, che sta sperimentando un sistema ibrido, in parte a pagamento e in parte gratuito, denominato (con un neologismo) freemium.

 

L’ascesa dei blog

Per contro, i blog si sono evoluti, superando decisamente la fase di mero passatempo tecnologico, per affrontare una strada decisamente in salita, ma di primaria importanza: quella delle notizie giornalistiche. Comuni navigatori si sono cimentati giornalisti, mentre i classici giornalisti hanno cominciato (in parte) a fare anche i blogger. Un settore ancora molto confuso e di difficile classificazione, ma con la prerogativa (ormai chiara a tutti) che l’informazione è di tutti e tutti possono scriverne in piena libertà e su qualunque media (soprattutto su Internet). Il tutto con buona pace di quei giornalisti di stampo un po’ più classico, che hanno commentato i loro colleghi trasformatisi in blogger come un imbastardimento della categoria.

Il business delle news

Dopo questo periodo di sperimentazioni e grande creatività, oggi gli imprenditori colgono la palla al balzo e definiscono un business model per i blogger: i blog diventeranno a pagamento. Jeff Bezos, fondatore della libreria on line Amazon, parla di far pagare la lettura dei blog. Il sistema ideato da Bezos è strettamente collegato al lancio e alla diffusione di Kindle Dx, il suo nuovo lettore di giornali elettronici (una sorta di schermo computerizzato per leggere news su Internet): in questo modo la monetizzazione delle news dei blogger avrebbe un senso nel nuovo settore (ancora da esplorare) dei c.d. e-readers. Nel frattempo, anche la mente di Rupert Murdoch ha fiutato l’affare. Il presidente di NewsCorp ha così aperto il dibattito di un sistema di giornali on line a pagamento, per risalire dalle difficoltà economiche della carta stampata, causate dal crollo della pubblicità (fra il 40 e il 60%). In questo modo, i giornali eviterebbero di auto-cannibalizzare il settore delle news on line, fornendo notizie gratuite, ma introdurrebbero un sistema di valorizzazione (a pagamento) delle news di qualità.

Wolff l’aveva detto

Oggi si avverano, dunque, le parole di Michael Wolff, giornalista-imprenditore, che pronosticava due anni fa una crisi irreversibile di giornali e periodici su carta. Lui ha cominciato a fare attività di diversificazione, scrivendo libri, pubblicando blog e lanciando Newser.com, un aggregatore di notizie su cui scrive un commento infuocato al giorno.

Chi spezza una lancia a favore dei classici giornali cartacei è Benjamin Bradlee, ex direttore del Washington Post. Giornalista 87enne, assurto a icona del giornalismo statunitense, Bradlee afferma, comunque, che la storia va avanti: quella seria, intelligente, documentata, continueranno a scriverla i giornali.

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