L’amministratore di condominio non gli dà ascolto e al condomino arrivano due cartelle che gli impongono il pagamento della famigerata TARSU, la tassa sui rifiuti solidi urbani. E’ accaduto ad un inquilino milanese che, ritenendo scorretto ed arbitrario l’utilizzo dei propri dati personali, è ricorso al Garante per la protezione dei dati personali. Come mai?
Il fatto
La segnalazione era dovuta al fatto che l’amministratore di condominio ha trasmesso agli uffici del Comune il modello contenente la denuncia di “occupazione e detenzione di locali e aree” ai fini del calcolo e del versamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani riferito alla sua posizione tributaria. L’amministratore di condominio, però, non avrebbe tenuto in debito conto la sua intenzione – comunicata diversi mesi prima – di procedere direttamente a tale adempimento.
L’amministratore, dal canto suo, ha rappresentato all’Autorità di aver svolto lecitamente il trattamento dei dati del condomino in questione, dando esecuzione agli obblighi derivanti dal regolamento comunale, in particolare la compilazione di una scheda riepilogativa recante i totali dei dati raccolti, relativamente alle unità immobiliari del complesso abitativo.
La decisione del Garante privacy
Il Garante, pur riconoscendo l’effettiva liceità del trattamento posto in essere dall’amministratore, ne ha contestato il mancato rispetto del principio di correttezza. Se l’amministratore, infatti, avesse avuto cura di verificare che la dichiarazione del condomino era effettivamente già stata resa ai competenti uffici del Comune avrebbe evitato i disguidi poi effettivamente verificatisi.
Il Garante ha dunque prescritto all’amministratore di porre in essere, prima di espletare le procedure relative procedure di calcolo delle tasse, ogni scrupolosa verifica delle denunce già effettuate da parte degli occupanti dello stabile amministrato.