web social network

La questione è sorta a seguito della richiesta, avanzata dalla madre, di rimozione delle foto dei figli minori pubblicate su social network dalla nuova compagna dell’ex marito. Già prima del divorzio, la suddetta compagna era solita pubblicare su Facebook ed Instagram le foto dei minori sovente accompagnate da commenti indirizzati alla stessa madre. Essendo risultati vani i tentativi di risolvere in via bonaria la situazione, la madre indirizzava nei confronti della compagna dell’ex coniuge una espressa diffida, a seguito della quale venivano rimosse le foto ed i relativi commenti.

Tuttavia, quando ormai la situazione sembrava risolta definitivamente, ecco che la pubblicazione delle foto (seppur questa volta coprendo il volto) riprendeva, e con essa riprendevano anche i commenti nei confronti della madre.

In sede di divorzio, quindi, al fine di risolvere definitivamente la situazione, veniva inserito espressamente che la pubblicazione di fotografie dei figli minori sui social networks sarebbe stata consentita esclusivamente ai genitori, e non a terze persone, salvo consenso congiunto di entrambi.

Nonostante ciò però, non solo la pubblicazione delle foto non cessava, ma anzi, continuava senza l’oscuramento del volto dei minori. La madre così, decideva di adire le vie legali chiedendo ai giudici la rimozione delle foto, l’inibizione della pubblicazione di nuove fotografie senza il consenso di entrambi i genitori, nonché l’applicazione di una sanzione pecuniaria a carico della nuova compagna. Il tutto con un provvedimento di urgenza reso necessario dall’utilizzo del web come mezzo di diffusione delle fotografie.

Il Tribunale di Rieti, con ordinanza del 7 marzo 2019, ha accolto le istanze promosse dalla madre, condannando la compagna dell’ex marito.

Il Tribunale ha evidenziato fin da subito, sulla scorta di giurisprudenza ormai costante (si richiama ad esempio Trib. Mantova del 19 settembre 2017), che “l’inserimento di foto di minori sui social costituisce un comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi, in quanto determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone che potrebbero essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line. Come emerge sempre più dai fatti di cronaca esiste poi l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che prendono le foto on-line di minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare nella rete. Il pregiudizio per il minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network”.

La tutela dell’interesse dei minori alla luce del GDPR

Il nostro ordinamento, sia in relazione all’art. 10 del codice civile, sia relativamente alla ratifica della Convenzione di New York del 1989, si è sempre dimostrato attento alla tutela dei diritti del minore. L’art. 16 della Convenzione, in particolare, afferma che “nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti.” È chiaro quindi l’intento di tutelare un soggetto che per l’età risulta essere potenzialmente più debole rispetto ad altri.

Nello specifico, per quanto attiene alla protezione dei dati personali di tali soggetti, già prima dell’entrata in vigore del GDPR, gli artt. 4,7,8 e 145 del D.Lgs. 196/2003 (ora abrogato) fornivano una tutela rilevante nei confronti di questi soggetti. La pubblicazione di fotografie online può infatti essere pacificamente inquadrata in un trattamento di dati personali. Con il Nuovo Regolamento Europeo in materia di protezione di dati personali, il legislatore europeo ha mostrato una specifica attenzione nei confronti dei minori. L’art. 8 del GDPR afferma che “qualora si applichi l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a) (ndr. relativo al consenso), per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni”. Il legislatore interno, con Decreto 101/2018 ha deciso di abbassare il predetto limite d’età a 14 anni, riprendendo di fatto il limite per l’imputabilità posto dall’art. 97 del codice penale. Se dunque i minori infraquattordicenni possono prestare autonomamente e validamente il proprio consenso al trattamento dei dati, anche per le immagini postate nel web che possono identificarli, per i minori di quattordici anni il consenso sarà validamente prestato solo nel caso in cui venga fornito da coloro che detengono la responsabilità genitoriale sui minori stessi. Il considerando n. 38 del GDPR stabilisce poi che “i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali”. Questo punto pare fondamentale per la giurisprudenza. La diffusione di immagini del minore, infatti, potrebbe benissimo pregiudicare i rapporti attuali e futuri di un soggetto attualmente non capace di tutelarsi pienamente da sé.

L’interesse della prole, nel caso in analisi, viene inoltre rafforzato dalla previsione inserita da entrambi i coniugi in sede di divorzio congiunto secondo la quale è necessario il consenso di entrambi per la pubblicazione delle foto dei figli minori sui social network.

Il Tribunale di Mantova, nel 2017, ha generalizzato, per un caso di divorzio, il divieto di pubblicazione delle foto dei figli sul profilo Facebook, nonché su ogni altro social network: si tratta di un primo riconoscimento importante che da allora ha trovato numerose repliche in vari tribunali italiani (si fa riferimento ad esempio a Trib. di Roma del 23 dicembre 2017 o Trib. di Brescia Sent. n. 2610/2017 con cui si vieta anche la pubblicazione della foto della figlia minore come immagine profilo WhatsApp) e che viene indirettamente ripreso anche nell’ordinanza del tribunale di Rieti. La pronuncia che rileva in quanto tratta il problema della pubblicazione delle foto di minori da parte non di uno dei genitori ma del nuovo compagno di uno di essi.

Come agire e quali sanzioni applicare per far valere i diritti dei minori

Come detto in precedenza, l’inserimento delle foto dei minori sui social deve essere considerata un’attività pregiudizievole di per sé. All’interno del web, infatti, le immagini ed in generale le notizie vengono diffuse con una rapidità straordinaria di cui non si può non tenere conto, sia per quanto attiene alle modalità di tutela sia relativamente alle sanzioni da applicare.

In quest’ottica, lo strumento che appare più consono al fine di fornire una piena tutela del minore è il provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., al fine di evitare un pregiudizio irreparabile al minore e potenzialmente imminente dato il mezzo di diffusione delle immagini.

La concessione del provvedimento di urgenza è subordinata al ricorrere dei requisiti, cosiddetti, del “fumus boni iuris” e del “periculum in mora”, ovvero, rispettivamente, dalla probabile sussistenza del diritto soggettivo che si intende tutelare rivolgendosi ad un giudice e dall’esistenza di un pericolo, nell’utilizzo del web come mezzo di diffusione, che rende probabile il possibile verificarsi di un danno grave, irreparabile ed imminente in capo al minore.

I giudici di Rieti, quindi, accolto il ricorso, hanno ordinato alla compagna del padre la rimozione di immagini, informazioni e dati relativi ai minori dalla stessa pubblicati sui social networks; il Tribunale, inoltre, ha inibito alla donna la pubblicazione di ulteriori immagini in assenza dell’espresso consenso di entrambi i genitori. Ma non solo. Come già in caso simile del Tribunale di Roma del 23 dicembre 2018, è stata, infatti, prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria per ogni giorno di inadempimento: in pratica, per ogni giorno di ritardo nella cancellazione dei contenuti incriminati e per ogni giorno in cui venga pubblicata una fotografia in violazione con quanto stabilito nell’ordinanza, la donna sarà tenuta a pagare una somma decisa dal Tribunale. Nel caso in analisi, la somma, pari ad € 50 per ogni giorno di ritardo, andrà versata in favore dei minori coinvolti. Ciò per tentare di accelerare i tempi di rimozione, a dimostrazione ancora una volta dell’ampio pregiudizio che sorge in relazione all’età e al mezzo di diffusione delle immagini dei minori.

Dott. Alvise Nisato

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